No, non è l'ennesimo gruppo prog metal svedese. Nonostante il nome (che è il titolo di un film di Bergman), Hostsonaten è un progetto tutto italiano frutto della fervida mente di Fabio Zuffanti (Finisterre, La Maschera di Cera). La Liason cinefila (che ha spinto Zuffanti a disseminare quà e là citazioni da Tarkovskij, Herzog e Bergman) non deve far pensare però ad un dimensione da soundtrack, il respiro è sinfonico anche se la strumentazione vintage (con tanto di mellotron, moog, hammond e fender rhodes) dona alla musica un tipico sapore prog.
"Summereve" (2011), forte di una qualità sonora e produttiva veramente eccelsa, ha chiuso in bellezza una quadrilogia celebrante il ciclo delle stagioni che, senza voler scomodare Vivaldi, non ha molti paragoni nel nostro panorama musicale.
Il bucolico "Springsong", uscito nel 2002, aveva aperto il ciclo nel segno della nostalgia, pagando un (non tanto) piccolo pegno alla tradizione celtica bretone e flirtando con il neo-folk di gruppi come Tangent o Mostly Autumn. Con il successivo "Autumn Symphony" (2008), si avvertiva un feeling jazzistico da Canterbury School (Camel anzitutto) mentre il maestoso "Wintertrough" (2009) ricreava magici paesaggi sonori alla "Wind and Wuthering" con echi scandinavi (grazie sopratutto al limpido sax garbakeriano di Edmondo Romano),
"Summereve" è senz'altro il capitolo più intimamente italiano e quindi più originale della serie. Già le percussioni di Fausto Sidri in apertura alla "Season's Overture" (che riprende alcuni temi dei capitoli precedenti) rimandano ai ritmi indiavolati della Taranta ed evocano, grazie all'esotico respiro del didgeridoo, gli spiriti della natura.
Poi il disco è tutto un'alternarsi di danze estatiche ("Evening Dance", sostenuta dall'eccellente batteria di Maurizio di Tollo, o la conclusione "gitana" di "Blackmountains" con violino e chitarra flamenco) e di momenti più contemplativi (come il trio violino, piano e flauto all'inizio di "Glares of LIght" o il magistrale modo in cui l'oboe ed il violino si impastano col piano elettrico in "On the sea") o solenni (la prepotente entrata di chitarra elettrica, moog e mellotron nel climax finale di "Edge of Summer").
E' in definitiva una natura sognante, onirica quella evocata da Zuffanti, sul filo dei ricordi come appare anche nella poesia declamata in "Under Stars"; un estratto, squisitamente retrò, da "Lo Specchio" di Andreij Tarkovsky, non a caso un viaggio oltre il tempo fino all'infanzia alla ricerca del rapporto primordiale con la madre terra.
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