La disinvoltura con la quale Howard Hawks si è mosso tra i vari generi cinematografici, dal western alla screwball comedy passando per il noir, il biopic, il gangster-movie e il film d'avventura, ottenendo risultati che oscillano tra il bello e il capolavoro, basterebbe a incoronarlo regista principe dell'età d'oro di Hollywood. Un'altra epoca, irripetibile, nella quale alla produzione dei film collaboravano scrittori come Faulkner e Hemingway (di cui Hawks era amico) e sceneggiatori come Leigh Brackett e Jules Furthman. "Un dollaro d'onore" (Rio Bravo) non appartiene a quest'epoca, è del 1959, è a colori, ed è l'ultima zampata del maestro già anziano che poi ne realizzerà due remakes, o meglio variazioni sullo stesso tema ("El Dorado" del 1966 e "Rio Lobo" del 1970), sempre con John Wayne.
John Wayne è John T.Chance , ex pistolero ora rispettato sceriffo di un piccolo villaggio ai confini con il Messico. Ad aiutarlo ci sono i suoi due vice, Dude e Stumpy: Dude (Dean Martin), soprannominato Borachon dai messicani, era un agile pistolero prima che una donna, tradendolo, lo riducesse ad un ubriacone con i nervi a fior di pelle e con un invalidante tremolio alle mani; Stumpy (il tre volte oscar Walter Brennan) era invece un contadino prima che tale Nathan Burdette, arrogante latifondista, fagocitasse la sua piccola fattoria con i metodi che immaginiamo. Brennan caratterizza con tale bravura il suo personaggio, un vecchietto rubizzo dalla parlantina veloce e stridula e dalla risposta pronta, da farne uno stereotipo immancabile nei western a vanire. A margine Angie Dickinson (e che margine!) nelle vesti della vedova di un baro, ancora ricercata nonstante si sia da tempo redenta, che vagabonda per far perdere le sue tracce e il 19enne cantante Ricky Nelson ("Hello Mary Lou"), giovane promessa della colt.
"Un dollaro d'onore" è quello che, provocatorio, Joe Burdette getta nella sputacchiera sfidando Dude, bisognoso di un cicchetto, a raccoglierlo. Ma Chance con un calcio allontana la sputacchiera, nauseato da quanto in basso un uomo possa sprofondare: ne nasce una rissa tra Joel Burdette, i suoi uomini, Dude e lo sceriffo stesso durante la quale Burdette spara a bruciapelo a un uomo che era disarmato ed era intervenuto solo per calmarlo. Burdette viene arrestato con l'accusa di omicidio volontario e incarcerato: è un debosciato e uno sbruffone, e sa che il fratello Nathan (di cui sopra) lo libererà prima di subito ,costi quel che costi. Questo è il casus belli che porterà al decisivo scontro finale tra le due parti, i buoni di Chance e gli scagnozzi di Nathan Burdette. In mezzo l'attesa e tante piccole storie fra cui spicca per intensità quella di Dude che poco a poco, fra alti e bassi, risale la china e riesce a tenersi alla larga dall'alcool. Scritto e recitato benissimo, "Un dollaro d'onore" venne pensato da Hawks e Wayne come una risposta a "Mezzogiorno di fuoco" che entrambi ritenevano inferiore alla sua fama. E' un western di impostazione classica, moralistico senza eccedere, psicologico nella misura giusta, che fa suoi certi toni da commedia e si arricchisce di dialoghi brillanti come del resto è nella cifra stilistica di Hawks. Tutto ripreso in piano americano (dal ginocchio in su) contiene un solo primo piano che va ad inquadrare le mani tremolanti di Dean Martin, che volle dimostrare in questo film di saper fare altro che la spalla comica di Jerry Lewis,cogliendo nel segno. Entusiasma perchè non si prende troppo sul serio, perchè ride dei suoi stereotipi pur reggendosi saldamente sui pilastri del genere: amicizia, vendetta, coraggio, e virilità in generale. C'è spazio anche per qualche canzone ma siamo lontani anni luce dalla retorica e poi, tutto sottratto, varrebbe la pena vederlo solo per godere dei movimenti della macchina da presa, delle trovate rigistiche, e della speditezza della narrazione.
Per la serie "Che fine ha fatto il cinema di una volta?"
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