Era una soffitta, polverosa ma non troppo, con qualche finestra, il legno delle cornici scassato, un paio di sedie da dimenticare da quanto erano scomode. Io ed il mio vecchio giro di amici avevamo in seguito optato per l'amplificatore, a ciascuno il suo. Ci si sedeva sopra, si faceva finta di avere una spighetta di grano in bocca e si cantava, strimpellando una vecchia chitarra acustica. Il batterista aveva uno sgabello dal morir dal ridere, ci cascava a pennello. Erano tempi fantastici, da una parte. I famosi '90. Usciti dal decennio precedente con quel pulsante No Future ancora nel cuore, vecchi dischi dei Banshees, un poster di Siouxsie, l'amavamo, quella donna. Oh, eccome se l'amavamo. Tutti. Nessuno escluso. Quando ci ritrovavamo nel nostro covo bellissimo, chi osava anche solo criticare Juju, veniva pestato. Di brutto... a scherzarci, un po' troppo, m'ero pure slogato il polso su quel mio Vox così caro...

La sera, quando il vicinato era immerso nel suo monotono sbadiglio che a noi appariva insensato e contro la vita stessa, tanto era superficiale, aprivo l'armadio, pure questo scassato, e tiravo fuori un LP...a caso, o almeno credevo che la mia mano scegliesse a caso. Patti Smith con il suo "Horses", una foto di Strummer, i Doors, un po' di Germania, e una copia preziosissima di "A Love Supreme", di mio padre, che una volta m'ero pure azzardato ad ascoltare senza il suo permesso, rovinandogli un poco i bordi della copertina... non l'avrei più toccato, per niente al mondo.

Ricordo ancora la prima volta che ascoltai gli Hüsker Dü, questa volta mi trovavo solo a casa mia, guardavo innamorato quelle pile di automobili e sentivo con il cuore il profumo del vinile, misi su la puntina, e fui investito. Da tutto: rabbia, desolazione, violenza, l'enciclopedia del Punk, quello che volete. Ogni singolo giorno, mi ritrovai a canticchiare Never Talking To You Again... e ad andare in brodo di giuggiole sui 13th Floor in versione hardcore di Reoccuring Dreams, estremizzati... e più ci pensavo, più mi dicevo: siamo tutti figli illegittimi di Iggy, cazzo. Non era soltanto musica, era vita. Non era solo uno stile. Era proprio l'essenza del nostro respiro.

Fatto sta che le sere in cui noi ascoltavamo "Zen Arcade" isolandoci dal mondo, e naturalmente bevendo birra, furono quello che furono: magiche. E non credo ci sia nient'altro da spiegare, niente voti da dare, niente nozioni da quattro soldi, perchè solo i pazzi credono di poter definire qualsiasi cosa a parole. Spesso, il fruscio di un giradischi la dice tutta senza aiuto di niente e nessuno, se non del nostro cuore. E delle nostre mani ovviamente. Specie quella destra*


*preferibilmente soltanto in giovine età, poi da adulti diventa un po' triste. O no?

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