"I dreamed that we buried something down in the dirt. Out back of where we live. Something that was a secret... And now it only comes back when I sleep. And dream... Dream... Will you wake up before you hit the ground?"
L'uomo sogna sempre. È fatto per sognare. Ad occhi aperti o dormendo, sogni in cui rifugiarsi o incubi da cui scappare. L'uomo sogna la sua intera vita.
Voi avete mai sognato? Avete mai fatto un sogno in cui stavate per cadere? Vi siete svegliati prima di toccare il suolo?
Perché nei sogni ci svegliamo sempre quando siamo prossimi alla morte?
La nostra mente con molte probabilità si rifiuta di darci una fine. Non abbiamo mai vissuto la nostra fine nella vita reale, come potrebbe quindi trovare un espediente per personificare oniricamente tale atto? Non lo fa. Interrompe bruscamente lo svolgimento e ci ri-catapulta nella nostra realtà, quella in cui quando moriremo, non sapremo comunque come sarà.
L'altra notte ho fatto un sogno. Credo che fosse un sogno. Gli ultimi minuti di incoscienza prima del ritorno in questo mondo di certezze e concretezze.
L'altra notte ho fatto un sogno. Era notte, nel mezzo di un deserto. O almeno così sembrava. Io ero lì, nel mezzo del nulla. O almeno credevo di essere lì. Intorno a me solo sabbia, una distesa di miliardi di granelli di sabbia che, per quanto ne sapevo, poteva non avere fine. Il cielo era completamente nero, non c'era una luna e neanche una stella. Quell'inutile luogo in cui mi trovavo poteva essere l'unica creazione tangibile nell'intera realtà. Quel cielo, così nero, poteva essere così non perché le fonti di luce erano inesistenti, ma perché il cielo stesso forse non esisteva.
Camminai senza meta per quelle che sembrarono ore, ma che erano probabilmente due minuti. Due minuti della nostra realtà. Su quella sabbia non lasciai minima traccia d'impronte, nessuna traccia che qualcuno o qualcosa fosse lì in quel momento. Forse non ero effettivamente lì in quel momento. Forse nemmeno quel luogo era lì in quel momento.
Trovai una duna, dall'alto di essa guardai avanti in quella distesa. Sembrava infinita. Forse lo era.
Cominciai ad interrogarmi. Sembrava tutto così reale, ma così assurdo. Urlai, ma non uscì alcun suono. Se quella era la realtà, non la volevo.
D'improvviso ebbi una sensazione sinistra. Guardai in alto, quel cielo-noncielo nero più del nulla si aprì su altro nero. Non era possibile, è ovvio, e tantomeno avrei potuto vedere il nulla fare spazio ad altro nulla. È irrazionale. Ma sapevo che era successo.
Cominciai a correre, desiderai di arrivare da qualche parte e un istante dopo ci arrivai. Un punto assolutamente identico a qualsiasi altro punto in quell'insensata, illogica, paradossale assurdità. Iniziai a credere che non esisteva nessuna "qualche parte". Ovunque era lì, lì ero ovunque. O in nessun luogo.
L'insostenibilità della situazione mi portò alla più estrema delle volontà: quella di cadere. E caddi. In realtà non mi mossi di un millimetro, ciò che c'era intorno a me cominciò a decadere, quel tutto che in realtà era nulla lasciò posto al nulla che era realmente nulla. Un nulla reale... Una realtà... Impossibile. Non lì. Ma lì dove...
E cominciai quindi a cadere. Non mi stavo muovendo, ma so che stavo cadendo. Passarono secondi, che erano invece delle ore, oppure ore che erano secondi. Forse non erano nulla. Non credo esistesse il tempo.
Mentre cadevo continuavo a tentare di concepire un pensiero coerente. Sapevo sarebbe finita entro poco. Sarebbe tornato tutto razionale.
Ma era veramente così? Forse era quella la realtà. Forse il sogno è questo. La nostra mente la nostra fine la crea forse, quando torniamo al mondo reale o quello che crediamo lo sia. Forse è questa la nostra fine. Forse la realtà stessa è la nostra fine.
Cadevo, continuavo a cadere, vicino alla fine, la mia fine, la fine di tutto...
E poi mi sono svegliato.
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