Secondo lavoro in studio, secondo centro. Sembra non aver freno il desiderio di meravigliare degli Hungryheart, oramai protagonisti del revival melodic hard rock internazionale, con due album di rilevante spessore artistico : l'omonimo del 2008 e questo nuovissimo "One Ticket To Paradise".
Rispetto all'esordio, a supportare Josh Zighetti (una dei più bei timbri vocali che abbia mai ascoltato) e Mario Percudiani (chitarra), ci sono adesso Steve Lozzi (basso) e Paolo Botteschi (batteria). Da evidenziare le collaborazioni con Nicolò Fragile (Gotthard) ed Alessandro Del Vecchio (Edge Of Forever, Glenn Hughes, Eden's Curse).
"Stand Up" apre il disco, e da subito la macchina del tempo ci proietta nei meravigliosi anni 80' : refrain irresistibile e chorus da brividi per un pezzo che al risveglio è come manna dal cielo. Sulla stessa lunghezza d'onda sono la title track e "Boulevard of Love": trascinanti, esaltanti, a tratti orgasmiche (chi ama il genere mi capirà) . Le utilizzo per il mio allenamento giornaliero, impossibile ignorare la carica e la passione che sprigionano.
Peculiarità di ogni band del genere è alternare brani energici e d'impatto, a melodie raffinate e romantiche. Ma comporre una ballad che sappia colpire è sempre più complesso, tuttavia anche in questo compito gli Hungryheart dimostrano la loro notevole dimensione artistica, sfiorando il capolavoro emozionale con brani come "A Million Miles Away", "Let Somebody Love You" e "You Won't Be Alone".
Questi i momenti migliori, quelli indelebili. Ma la qualità rimane elevata per tutta la durata del lavoro. Canzoni come "Angela" e "Just a Little Closer" lasciano al palo moltissime band, anche blasonate, che da troppo tempo si limitano al compitino cullandosi sugli allori del passato.
Infine, vi segnalo la bella cover di "Man in the Mirror" di Michael Jackson.
Al momento (per il sottoscritto), il miglior album hard rock del 2010, e il fatto che a realizzarlo sia stata una band italiana, non può che far piacere.
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