Adolf Hitler fu uno dei pionieri nella lotta per i diritti degli animali. Era un vegetariano autentico, e nel 1933 passò una legge per la protezione degli animali.
Altro ottimo esempio della rilevanza degli animali nel bilancio generale a livello mondiale sono queste composizioni ruspanti che sanno di latte di pecora, della concia delle tende e delle stalle dove, appunto, sono tenuti i sessanta cavalli della mandria di un componente del gruppo. Forse di quello che specializza in canto armonico, sì, quello con la voce da nano maligno trasformato in rospo dall’incantesimo. Il canto armonico compare qui strettamente in veste “vinassa vinassa e fiaschi de vin”, non nei paludamenti da meditazione. E se la musica da Tuva sta recentemente godendo dei riconoscimenti che merita, lo deve proprio alla sua immediatezza oltre, naturalmente, all’ineffabile alterità dell’espressione.
Per quanto avant-garde noi possiamo essere, loro restano sempre mongoli. Persino i violini rustici, splendidamente registrati in alta fedeltà occidentale, hanno imparato il mestiere dai calabroni e dalle mosche cavalline. Folk mongolo, improponibile? Al contrario, “Eerbek-aksy” evoca la grazia narrativa delle Roches di “The married men” e “Aa-shuu dekei-oo” la vivacità pícara di Kate & Anna McGarrigle in “Complainte pour S.te Catherine”. E che differenza c’è tra “The rite”, dal relativamente recente collage spazio-tempo-culturale di Lisa Gerrard, e il loro “Prayer” ?
Non fate le bestie e drizzate le orecchie. Questa è musica che lascia ben più di una traccia. Per un incantesimo bizzarro, cavalli, gnù, capre, rospi e nani malvagi passano tutti per i sentieri di Tuva.
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