Io sono l'abominio, è l'eloquente nome di questa sconosciuta band proveniente dal Michigan US. Un giorno (na)v(i)agando sul tubo, constatando quanti gruppi cercano di fare del buon post-hardcore o imitare le maggiori band del genere, ma fallendo miseramente, mi sono riscontrato nel video officiale di questi brutti ceffi. E poco dopo realizzai che brutti lo erano davvero.

Ma a parte le apparenze, questi ragazzotti introducevano la loro track "Since 1776" con lo squillante voce del cantante Phil Druyor e proseguiva con un veloce riff sostenuto da pesanti scambi di batteria. Mi misi ad ascoltarla un po' svogliatamente, ma le mie orecchie stranamente non la disprezzarono. La riascoltai un po' più attentamente ed infine questo era quello che mi mettevano nel piatto: una voce clean tendente al pop ma molto talentuosa, delle schitarrate niente male, tanto da piazzarmi un assolo a metà pezzo, un ritornello molto catchy, un mezzo breakdown,e infine una velatura di elettronica qua e là. Qualcuno potrebbe insospettirsi, altri chiuderebbero direttamente la pagina, sta di fatto che conquistarono la mia attenzione e dedicai un po' di tempo per ascoltare il loro ultimo full-lenght "To Our Forefathers".

Il genere degli IAA è difficilmente definibile: con la loro produzione si marchiano di un sound post-hardcore ricercato, che tuttavia devia verso parti più melodiche per l'onnipresenza del clean di Phil.Tuttavia il lavoro dei chitarristi strizza l'occhio a motivi più sperimentali, e grazie alle loro abilità danno una patina più progressiva all'intero prodotto.

"Since 1776", la canzone che vi parlavo, è anche la prima track: coinvolgente, potente e assolutamente originale. Diciamo che se non si era capito è stato un vero colpo di fulmine con questo pezzo, per l'incastro perfetto di melodie canore e capacità strumentali, e la bravura di riuscire a reinventare e di conseguenza riaffermare questo genere. 

Successivamente i nostri abominevoli non deludono ma anzi sanno emozionare e divertire, coinvolgendo con una grande ispirazione e originalità compositiva, ma purtroppo è sempre così facile illudersi. Infatti c'è qualcosa che non va: il sound si fa più intricato e non scorre più fluidamente come all'inizio a parte in qualche occasione, e pure la stessa candida voce di Phil tende a stancare, perdendo la capacità attrattiva che possedeva inizialmente. A metà album, precisamente durante "Rock N No Soul" scaturisce dal nulla il ringhio dello screamer di una nota band post-hardcore americana (We Came As Romans),  e comiciai a storcere la bocca, il naso anche qualcos'altro.

Nonostante ciò, imperterrito, lasciai scorrere l'album, deciso a capire che cosa mi aveva affascinato tanto all'inizio e fortunatamente le track successive diedero il risultato aspettato: la band riconfermava tutto quello che aveva proposto e si era distinta, se non superandosi. Il vigore e la trazione o -catchy- rimanevano molto alti e anche se i ritmi erano meno sostenuti, non si poteva sorvolare il fatto che gli abominevoli costruivano atmosfere melodiche edeniche gestendo allo stesso tempo un inferno strumentale che non aveva niente da invidiare a bands dell'attuale panorama post-hardcore. Rimaneva il fatto che nel lungo periodo il sound stancava, detta schiettamente, e alcune track erano noiose o cadevano nel circolo vizioso della ripetitività. La sensazione di già-sentito emergeva anche per la costante presenza della voce di Phil, che senza notevoli variazioni di timbro, o senza lo scambio continuo con lo scream\growl perdeva di efficacia a discapito della monotonia.

Tuttavia deciso a capire le vera natura di questi difetti, pian piano cominciai a fare luce sulla vera essenza della band, come liberare una lanterna da vecchie regnatele che la impediscono di brillare come le sia dovuto. Distrattamente presi in mano i testi dei pezzi, tanto per dare un'occhiata, e lì ebbi la mia rivelazione. Gli abominevoli avevano messo in piedi un songwriting assolutamente originale, molto provocatorio, spigliato, quasi presuntuoso. Raramente la capacità strumentale affianca quella letterale, e devo dire, che ho cominciato a guardare To Our Forefathers con un occhio diverso giustificando i mezzi con i fini, ossia giustificando i difetti elencati sopra con i messaggi che la voce di Phil cerca di comunicare, che penso sia ora di esporre.

Abbandonando le convenzioni del songwriting di questo genere musicale, i testi sono confezionati con un lavoro di ricerca e precisione che predilige la forma per sentenza: brevi frasi che enunciano in forma concettosa una verità, una emozione, un principio (sì l'ho presa dal dizionario, ma ci stava).
"If we are so free then why our minds not meant to be", risuona il ritornello del singolo "Since 1776": che con semplicità irriverente critica il nostro odierno modo d'essere, derivato dagli usi e costumi americani (Since 1776, la data di nascita degli Usa), puntando il dito contro la globalizzazione, il monopolio delle armi, l'asservimento ai mass media che alza un polverone sulla vera condizione umana "We live like batteries, simply born to die". Lo sfoggio di allegorie a sfondo politico e anti-ideologico emerge più chiaramente sul pezzo seguente "Thoughtcrime is Death", dove veniamo ammoniti dalla presenza di un big brother di matrice orwelliana, di un tiranno sempre pronto a controllare le nostri menti, a governarci nei modi meno evidenti e a trasformarci in droni servendosi della nostra totale indifferenza.
In "Cataclysm", dopo un intro dirompente, Phil ci pone la domanda delle domande "What makes us humans?" in uno dei pezzi meglio riusciti dell'album. "We set the stage, We pull the strings, Yet, We're in a world left heartless". Noi essere umani possiamo distruggere, costruire, fare ciò che più ci aggrada, ma anche se reggiamo noi le corde nel palcoscenico della vita, siamo in un mondo sinistro, ingenuo e senza cuore dove siamo costretti a crogiolarci nelle religioni o nelle scoperte scientifiche.
E qui emerge un'altra caratteristica unica degli abomini, infatti discostano tutta la parvenza pseudo-cristiana che hanno molte band metalcore americane (christian metalcore?) protettori della parola del signore iddio, seguaci della sacra sindone, e si proclamano atei e assolutamente materialisti. In vari pezzi, quasi consapevoli della critica che qualcuno potrebbe muovere, ce lo vogliono fare intuire , e addirittura ce lo confidano con riferimenti veri e propri: "Lord I've been saved and it wasn't by you", affermano senza peli sulla lingua in "The Deceiver". Pure nella loro track più tranquilla,"Grettings From Easter Isalnd" continuano a muovere critica verso la religione, "God dies when the churches rise" è il loro motto nicciano, ma vogliono portare l'attenzione verso il nostro passato, per noi ancora lontano e misterioso che probabilmente nasconde le risposte a tutte le nostre domande..
"Insivible Titans" e "Rock'n'Soul", i pezzi centrali, presentano i testi più criptici, ma non per questo meno godibili, incredibilmente scritti per una libera e sana interpretazione. L'eterea e dolce voce di Phil ci prende per mano nella splendida "Art Attack", che ruota attorno alla tematica della parola e della sua forza espressiva, un "organ that has a beat", un organo con vita propria, ma facile oggetto di manipolazione, sempre vittima di quella malattia chiamata ipocrisia. La sua voce pendente di rassegnazione, riacquisisce vigore in "Creatures Of The night", il più bel pezzo dell'album. In una facile quanto stupenda parabola ci viene spiegato che queste creature non son altro delle flebili presenze che fanno sorgere o "innescare" le nostre idee, nella speranza di uscir fuori e prendere forma attraverso il nostro operato. Incantando con continui scambi di ritmo si giunte all'ultima "Element 51", dove gli abomini ci lasciano avvolti in un alone di mistero, ma profetizzando un'ascesa in un bagliore di luce di quelli che sono i nostri veri antenati..

Terminando il tutto in modo magistrale non posso fare a meno di ripetere che i mezzi sono pienamente giustificati.

Non credo di essere fuori luogo quando dico che per realizzare un'opera simile non sia necessario solo bravura, intelligenza e capacità, ma anche un po' di quella dimenticata virtù chiamata coraggio

"You can stop an army, but no barricade can stop an idea"

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