Ci sono artisti che cambiano completamente il tuo modo di vedere certe cose. Ci sono artisti che viaggiano nell'ombra, la cui fama si estende a malapena oltre i confini del loro quartiere più una manciata di disgraziati sparsi per il mondo. Ci sono artisti che ti spingono a fare 600 chilometri per andare a vedere un loro concerto in uno sfigatissimo club modenese di 3 metri per 3 che non serve alcolici (a favore di tisane e succhi di frutta, non so se mi spiego) con un pubblico di 20 persone scarse, quasi interamente occasionale. Tu invece non sei lì per caso, lo segui da mesi con la foga di una ragazzina di 13 anni con evidenti disturbi legati all'acne e ai rapporti interpersonali. Infatti ti accorgi che l'artista in questione gironzola annoiato fuori dal locale, fumandosi una sigaretta, aspettando che arrivi l'ora di iniziare. Non ti sembra vero. Ci sono artisti con cui ti ritrovi a parlare per ore, prima, durante (sì, durante) e dopo l'esibizione. Ci sono artisti che fanno tutto ciò per scelta, perchè "non vogliamo strafare, ci piace fare tutto con naturalezza e con intimità, ci sentiamo ragazzi normalissimi" (cit.)

Tutto questo è I Am Oak. Progetto nato dalla mente di Thijs Kuijken, ragazzotto olandese, dall'aria decisamente hipster/indie-a-bestia. Brevissima cronistoria: inizia tutto solo, nel 2008, strimpella i primi 2 o 3 pezzi, poi arriva il primo disco (una gemma), si chiama On Claws. Introvabile, a meno che non vogliate prendere la versione in vinile. Poi piano piano il suono si arricchisce, gli stimoli evolvono, coinvolge altri amici: una chitarra elettrica (Robby), un basso (Stefan) e una batteria, ma guai a definirla invadente (Tammo). Esce il secondo disco, Oasem. Basta aspettare meno di un anno per capire che il gruppo (e la sua mente, Thijs) è in fase di grazia creativa. Arriva tra capo e collo questo Nowhere or Tammensaari.

E' il punto di arrivo del progetto iniziato 4 anni prima. L'anima indie-folk esce alla perfezione, con la giusta forza (Oasem scorreva via più leggero, come una brezza impercettibile) e con la giusta maturità (On Claws è una gemma grezza, non che questo sia un punto a sfavore, sia chiaro). Cori oliati alla perfezione, grande pathos, toccherà parecchie corde della vostra sensibilità musicale senza però risultare mai invadente. Brani come "Marrow", "Grown" e "Everything in Waves" sono potenziali bombe. La soluzione è sempre quella: partenza in binomio chitarra e voce, poi un crescendo continuo. Unica eccezione: "Palpable", il singolo estratto. Un vortice che dal vivo si trasforma in un uragano lisergico. Batteria in loop, chitarre mai fuori luogo (come anche le voci, ci mancherebbe). Altri brani come "Famine", "Cluster" e "Boulders" rispecchiano l'anima più classica di Thijs, trovano le loro radici nei dischi precedenti, con tocchi più leggeri e atmosfere più delicate, ma senza mai abbassare l'intensità generale. Ultima menzione speciale per "Reins", pezzo unico del lotto (non il migliore però), più squisitamente pop e con arrangiamenti e soluzioni leggermente più articolate, pur avendo sempre un DNA fatto di quercia.

Dicevo, ci sono artisti che cambiano completamente il tuo modo di vedere certe cose. Oppure, ci sono artisti che semplicemente adori. Per la loro arte, per la loro pacatezza, per la loro filosofia. Credo si possa definire "arte totale". C'è I Am Oak. Segnatevi questo nome. Con delicatezza, però. Come vogliono loro.   

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