Quando papà - in questo caso - o mamma ci mettono lo zampino, i soldini e qualcos'altro, gli iniziali tornanti esistenziali dei vari figlioli prodighi dall'ineluttabile vena creativa e antiaccademica si trasformano in rettilinei a picco. E se questa prole di pseudo scapestrati riceve dai genitori il plauso e il lasciapassare per i loro progetti, perlopiù a suon di bigliettoni freschi di bonifico bancario, le distanze si accorciano notevolmente e l'ambita meta non si trova che a pochi passi dal verde della propria magione di famiglia. Nello specifico, Eliot Paulina Sumner, classe 1990, è doppiamente fortunata: è in primis una spigliata inglesina nata nientedimeno che sotto il marmo scolpito e pendente dell'italianissima Pisa, figlia di una strana immigrazione in territorio belpaesano di frotte di vips in cerca di campagne rigogliose, buon cibo, vigneti e clima salubre. I genitori in questione, Sting e Trudie Styler, hanno pensato bene di regalare a Eliot Paulina "Coco" e a se stessi una sorta di club mediterranee lontano dalle angherie climatiche della grigia City e da bravi cultori dell'italianità chic hanno optato per la lussureggiante Toscana. Scelta ineccepibile.

Ispirata in tenera età dal punk e dal rock delle Leggende, Coco ha iniziato a comporre brani all'età di quattordici anni e a diciassette ha mollato quadernoni e penne per dedicarsi esclusivamente alla propria carriera musicale. Con un padre che ha forgiato un rilevante tassello di cultura sonora tra i '70 e gli '80 e un DNA congenitamente propenso a siffatto destino, Eliot non ha potuto fare altro che adagiarsi nel colorito mondo degli studios e degli stages. Il risultato di questa naturale scelta di vita è "I Blame Coco", band cui la ragazza rappresenta la leader indiscussa. Sebbene possa vantare solo un album di inediti e una manciata di singoli parzialmente ignorati dalla commercialità, il progetto I Blame Coco ha tuttavia definito i contorni e le scelte in fatto di sound, come pure ha iniziato a compiere qualche timido passettino fra le angherie del music biz. Lo stile di Coco ricalca in parte le adolescenziali velleità rockeggianti, miscelandole in una ricca frittura di synth-pop, indie, elettronica, disco, new wave e qualche sporadico accenno punk. The Constant, rilasciato nel 2010, è la summa perfetta di tale percorso, un debutto pepato e simpatico, senza fronzoli, arcobaleni e luccichini, ma con un dignitoso mucchietto di brani a metà fra la nostalgia dei decenni passati, culla della Musica per antonomasia, e le velleità commemorativo-celebrative della contemporaneità.

The Constant si apre con Selfmachine, attuale singolo di maggiore successo in Europa, a metà strada fra il synth-rock e la new wave simil Eighties; seguono, in ordine di menzione, il gustoso elettropop revival di Caesar, presentato in coppia con la svedese glitch-brillantinata Robyn, le corpose ispirazioni disco-funky di Only Love Can Break Your Heart, i meglio Ottanta della frivolezza per In Spirit Golden e i giochi synthpunk di Please Rewind. Citazione anche per la reggae-flavoured No Smile, il funk elettro-glam alla Goldfrapp in Party Bag, la classica ballad Summer Rain e il piccolo gioiellino indie-rock Playwrite Fate.

Basta figli e figlie di papà, stop ai giovani raccomandati dalle starlette, altolà ai finti baldi artisti senza talento. Ma non sempre: si fa largo, qualche volta, alle soglie del procelloso music-biz un vero e proprio "figlio d'arte", o almeno un vicino esemplare, il degno erede del successo e del talento paterno-materno. E allora perché non alzare le dure e ferree sbarre della nostra caparbietà e del nostro coatto disincanto all'eccezione?

I Blame Coco, The Constant

Selfmachine - In Spirit Golden - Quicker - Turn Your Back On Love - Please Rewind - Summer Rain - Playwrite Fate - The Constant - Party Bag - No Smile - Caesar - Only Love Can Break Your Heart - It's About To Get Worse.

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