L'Italia è considerata nel resto del mondo come la patria del PPM: Pasta, Pizza e Mandolino. Questa considerazione e visione alquanto limitata suscita in me una reazione di disprezzo verso coloro che non conoscono minimamente le nostre variegate culture regionali. Non me ne vogliano i sostenitori Partenopei (...e parte napoletani ;) ), ma non mi sembra giusto dover limitare ad un tipo di canzone folkloristica tutto ciò che di bello c'è sparso per il (un tempo?) Bel Paese. Possiamo trovare realtà più o meno affermate come Sud Sound System o semi-sconosciuti come il gruppo che ho intenzione di presentarvi oggi.
Romagna. Per chi ha una visione limitata si potrebbe pensare a Sangiovese, Cappelletti e Piadina. Quello che però è nascosto e caratteristico, sono i paesi che ruotano attorno alle grandi città con le loro storie al limite del ridicolo, del paradossale e dell'ironico. La vita si concentra in quello che sono i bar di paese: veri e propri centri di attività e/o punti di ritrovo fissi. Qui le generazioni si fondono grazie alla presenza di anziani, padri di famiglia e ragazzi che si trovano a dialogare in maniera più o meno contrastante l'un l'altro. Per chi ha una visione limitata, gli argomenti principali sono calcio, figa e beccacino (o maraffone). E' in questa realta che vivono I Blec De Sabat. Ed è di questa realtà che cantano e ne narrano le vicisstiudini.
Il loro nome scherza su quello ben più famoso dei Black Sabbath, alludendo al significato dialettale de "I panni del sabato" e riprendono vari aspetti dell'Andrea Mingardi che fu. Ora, non vorrei essere prolisso nei riconducimenti al significato dei termini in lingua italiana, perciò mi limiterò, con l'assenza di musicalità, a citare strofe di canzoni in italiano per esplicare meglio il significato. ma è doveroso. L'ambito musicale in cui si possono collocare è il rock mainstream degli anni '90 con spolverate di elmenti folkloristici tipicamente romagnoli e qualche riferimento ai classici del rock. La tecnica del combo romagnolo, proveniente da Sant'Alberto di Romagna, non è da disprezzare, anzi. Il gruppo progetto dei Blec de Sabat, in cui alcuni elementi suonano, si chiama "Da Polenta" e ripropongono maggiormente cover pinkfloydiane di pregevole fattura. Detto questo possiamo passare all'album. Un album piacevole e leggero che si può ben prestare a viaggi in macchina o in compagnia di amici. L'ironia che permea è schietta e carina che non scade nel turpiloquio, ma si colloca nel linguaggio volgare, ovvero, del popolo.
Si parte subito con due belle cover. La prima riprende la canzone forse più famosa di Bob Dylan (Knockin' on heaven's door) e si intitola "No che l'an l'aveva d'or" (Da quando l'hanno fatta Miss Coccolia / Ha cavato il saluto persino al prete). La seconda, invece, si intitola Gianel e narra le vicissitudine di un bizzarro e "spassoso" incidente in macchina nei pressi di Cesenatico capitato a loro in un sabato sera qualunque ("Puttana vacca Gabacion sei buono di dormire anche in questo caso, ormai buttavamo giù una betulla / Vigliacca us tocca ad telefoner a l'ACI, ma anche lì non risponde nessuno") che si snoda sulle note di "Patience" dei Guns'n roses. La terza ed ultima cover dell'album è legata a "One" degli U2 e si intitola "Ad mont d'bot" e parla delle risse in discoteca con un gruppetto di ragazzi a loro nemici ("Menavan come dei fabbri, chissà che lividi avremmo avuto per settimane / Cambiammo discoteca per fare a meno di vederli, ma anche quella sera era uguale, Savino siamo sfigati / Botte da settembre, botte fino ad agosto / A momenti mi sono stancato, a momenti non ne posso più di prendere dei cazzotti)(forse la più carina dell'album).
Le cover non sono la priorità in quest'album (ma sono forse le più allegre e spensierate da un punto di vista letterale) ed infatti "Canzon par la mi dona" un'atipica canzone d'amore, "Cal don", "Un pe intla fosa" (Sei già un piede nella fossa, sei fià giù fino alla coscia, disperato ti aggrappi con le unghi, ma quel badile ormai ti ha seppellito) sulla relazione burrascosa di un ragazzo ed i suoi amici a causa della sottomissione alla sua ragazza, sono piacevoli e piene di brio con uno spassoso uso del dialetto romagnolo. Più seria e dedicata ai lavoratori di una volta (più precisamente agli "scariolanti") è invece "Par do "papet" a-e dé" che abbandona i toni spensierati dell'album per un suond più intenso ed emozionante e che fa riflettere sulla fortuna delle nuove generazioni e sulla reale fatica del lavoro di una volta. Non poteva poi mancare una versione riveduta in stile ballad di "Romagna mia", dai toni malinconici e tristi.
L'album è difficile da reperire (anche se è venuto incontro internet col sito "http://crotalo.com/blecdesabat.htm") e quasi inutile per chi non riesce a comprendere appieno il significato, ma, d'altro canto, anche le canzoni partenopee hanno lo stesso difetto, ma non per questo devono rimanere inascoltate. La cultura musicale del nostro Paese deve essere rivalutata per una maggiore comprensione del prossimo e della storia del territorio. E qui si può anche passare una gradevole quarantina di minuti in totale spensieratezza, senza contare le risate.
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