Un album notevole, una pietra miliare del beat e della psichedelia all'italiana: un disco da consigliare, almeno come testimonianza storica in quanto sono considerati da molti la prima garage band italiana arrivata al grosso successo.
I Corvi arrivarono alle incisioni discografiche vincendo il trofeo Davoli, che era organizzato dalla principale casa di strumenti musicali elettrici dell'epoca: dopo la finale a Parma, ebbero la possibilità di pubblicare un singolo a 45 giri.
Mostrando un look cattivo e maledetto come simbolo, i Corvi, avvolti in grandi mantelli neri, nel 1966 cantano il loro primo singolo, Un ragazzo di strada e esprimono un mondo di valori diverso rispetto al resto del beat di peaceandlove.
Il look come la musica del gruppo sono usati come segni forti di distinzione e contrapposizione sociale e per questo vengono subito messi tra i "cattivi" del beat, con Rolling Stones, di cui si sente molto l'influenza e l 'Equipe 84, contrapposti ai buoni Beatles-Rokes.
La voce di Angelo Ravasini è rauca e tagliata di gola, lontano dalle consuetudini del periodo; è anche questo un loro modo estremo di provocare.
Questo è il primo album dei Corvi al secolo Fabrizio Levati, Italo Ferrari, Claudio Benassi, Angelo Ravasini; ed e è pure una raccolta dei loro successi a 45 giri. Avevano pure un vero corvo sul basso chiamato "Alfredo", che poi morì un giorno che era stato dimenticato nel furgone con gli strumenti; i loro suoni sono molto distorti, tavolta acidi o chiesastici, i testi quasi spietati, il clima delle loro canzoni è generalmente cupo e depressivo, e per questo sembrano lontanissimi dall'estate dell'amore dei radiosi fine 60: sono quasi degli antesignani di quelle atmosfere oscure di tanto rock primi anni 70.
Tra le canzoni l'indimenticabile anthem Ragazzo di Strada- spaghetti cover di Ain't miracle worker dei Brogues-, il gioiellino garage-pre punk-psichedelico Sospesa ad un filo, con fuzzone guitar in evidenza, che è la cover di I had too much to dream degli Electric Prunes.
Il riffone di fuzz-guitar apre Datemi una lacrima per piangere che è comunque più vicina nei cori alle canzoni dei Rokes del periodo, anche se il testo ovviamente è sempre abbastanza triste.
Di atmosfera religiosa è l'amara confessione-tipo messa beat- di Si prega sempre quando è tardi, dove la grinta originaria ritorna nel ritornello: altrettanto cupa è C'è un uomo che piange quasi catartica e piena di riflessioni amare che preconizzano la fine del sogno del boom economico e il barbonaggio hippie e non, che si diffonderà negli anni a venire...
Dura e cruda rispetto a quella degli Equipe 84 è la cover di Bang bang che allora martirizzava i juke box di mezzo mondo, e con cui Cher probabilmente ha campato di rendita tetto-rino-plastica per decenni.
Spicca inoltre l'improbabile e delizioso tex-mex romagnolo di Che notte ragazzi!, colonna sonora del film omonimo con Philippe Leroy e Marisa Mell del 1968 -a proposito se qualcuno ne avesse copia mi contatti, please- piena di speranza e di amore è la dolcissima Luce, anch'essa con organo farfisa in evidenza.
Voglio finirla e Colori sono due belle covers di canzoni di Donovan. mentre l'apocalittica Quando quell'uomo ritornerà, rispecchia per toni e contenuti Noi non ci saremo dei Nomadi uscita nello stesso anno: infine chiude l'album la melanconica e suadente Che strano effetto, cover di This Strange Effect, un brano dei Kinks. Una nota: è presente tra gli autori un giovane Franco Califano su diverse canzoni.
Questo disco è molto ricercato dai collezionisti nella sua versione originale, ossia con sfondo rosso, mentre quella che vedete è una ristampa tardi 70. I 45 giri dei Corvi sono quotati e venduti anche all'estero.
Valerio Rivoli
Carico i commenti... con calma