Sul beat italiano e sulla sua importanza per il futuro della musica italiana bisognerebbe fare una lunga premessa: sulla situazione sociale e politica di quegli anni '60 e sulla capacità di queste "canzonette" di affrontare temi fino ad allora tabù e di creare un vero e proprio movimento che ha segnato parte della storia del nostro paese…

"I Corvi" erano una band che si distinse, insieme a poche altre (su tutti Nomadi e Equipe 84), fra centinaia di "complessi"che si andavano formando in tutta Italia, in una situazione musicale davvero vivace e in fermento. Inizialmente erano, come tutti in quel periodo, una cover-band dei Beatles e dei Rolling Stones. Al primo concorso musicale per esordienti cui parteciparono, il "Rapallo Davoli", arrivarono secondi, conquistando subito notorietà grazie ad una rissa che scatenarono quando alcuni del pubblico diedero loro dei "capelloni". Quindi, la "Ariston" li prese sotto contratto e li fece partercipare al "Cantagiro"del '66 con la canzone "Un Ragazzo di strada", che poi intitolerà il loro unico "LP", uno dei migliori lavori del beat nostrano.

Questo pezzo (con cui si aggiudicarono il Cantagiro) è una cover degli sconosciutissimi "Brogues" e fa sentire per la prima volta dalle nostre parti una travolgente energia "punk". Molto rivoluzionaria e scandalistica è anche l'immagine del gruppo, con barba, tenebrosi mantelli e un corvo, Alfredo, sulla spalla del cantante o sul manico della chitarra. Il titolo del loro successo e il loro modo provocante di apparire ritagliò loro un'immagine di ragazzi poco raccomandabili.

Il disco spazia tra beat, psichedelìa e hard-rock, presentando chitarre distorte, organi chiesastici, testi crudi e realisti e dimostrando che non si tratta solo di "canzonette" melodiche ma anche di un eloquente spaccato della nostra società.

Da segnalare in particolare sono, oltre la title-track, la bellissima "Luce" e alcune cover del geniale  Donovan.

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