Consiglierei questo libro a lettori a cui capita a volte di aver bisogno di nient'altro che un bel racconto, a chi ha bisogno ogni tanto di abbandonarsi alla propria pigrizia e affidarsi totalmente all'autore per averne in cambio momenti piacevoli senza dover mettere in campo troppe facoltà mentali.
Subito due indicazioni di massima sulla storia che poi me ne dimentico:
Siamo a Londra, 1909. John Stone, industriale londinese tutto d'un pezzo, schifosamente ricco e potente, muore precipitando dalla finestra di casa sua. Che si tratti di suicidio a nessuno par vero visto la tempra del personaggio, questa possibilità rimane comunque l'unica spiegazione possibile dell'accaduto. Nel testamento l'uomo ha stabilito che ogni sua fortuna vada ad un figlio della cui esistenza nessuno era a conoscenza, neanche la sua giovane moglie. La donna, particolarmente bella e affascinante, incarica quindi un giovane giornalista per ricercare questo fantomatico figlio.
L'autore sfrutta di nuovo la fortunata formula utilizzata più di dieci anni prima per realizzare il suo romanzo più famoso, "La Quarta Verità" . L'idea pilastro che rende la proposta interessante è quella di un mystery storico, in cui la vicenda principale viene raccontata da punti di vista diversi. Il romanzo è infatti costituito dai raccontati in prima persona di alcuni dei protagonisti della vicenda principale (in questo caso tre, nel romanzo precedente da me citato erano quattro). Non si tratta di una sorta di poliziesco, non ci sono detective o geniali indagatori, ho detto che si tratta di un mystery semplicemente perché c'è un mistero da svelare. Tutti i racconti paiono venirne a capo, ma solo nell'ultimo si fa veramente luce sulla vicenda.
Trattandosi di racconti in prima persona l'autore utilizza quello che doveva essere veramente lo stile di scrittura di persone vissute nel periodo storico in cui è ambientato il romanzo, e io direi che fa bene il suo lavoro. Lo stile è pressappoco quello di un romanzo ottocentesco. Due indicazioni grossolane a rischio di blasfemia, ma giusto per dare un'idea: prendete la scrittura di Dickens, toglieteci l'humour inglese, il non sense e qualche altro gustoso ingrediente che vada oltre la stretta descrizione degli eventi e avrete ciò che vi attende in questo libro per quanto riguarda lo stile di scrittura. Il libro e lungo e a volte il ritmo si fa lento, ma in generale va giù abbastanza liscio fino alla fine.
"La Quarta Verità" viene generalmente considerato il romanzo più bello di Iain Pears. Personalmente non saprei dire quale sia il più bello tra quello e questo "L' uomo caduto dal tetto del mondo", in entrambi i casi le idee di cui ho detto vengono utilizzate con uguale abilità, credo che il giudizio dipenda molto dalla successione temporale in cui vengono letti. A me è capitato di leggere per primo questo e a quel tempo non ne sapevo nulla dell'autore e delle sue intenzioni, e quindi il fattore sorpresa ha contribuito a rendere la lettura più emozionante rispetto a "La Quarta Verità" dove mi aspettavo già un po' cose. A me pare che il livello qualitativo sia pressappoco lo stesso. Una qualità specifica per ciascuno dei due libri: "La Quarta Verità" ha la particolarità di essere un racconto vittoriano, e io vado matto per i racconti vittoriani, e la caratterizzazione dei personaggi è probabilmente migliore. Ne. "L' uomo caduto dal tetto del mondo" il mistero viene svelato solo nelle ultime due pagine (il libro è di circa 800), un finale pazzesco, subito dopo averlo finito ho ripensando all'inizio del libro e mi è cascata la mascella. Uno dei più bei finali che mi sia capitato di leggere.Carico i commenti... con calma