Sfruttare l'hype per creare una nuova visione d'arte, manipolare il viral marketing lasciando nel mistero la propria identità, fare concerti senza pubblico in una foresta o in un campo innevato. Questa è iamamiwhoami, che in sostanza è un progetto parallelo della folksinger Jonna Lee, che abbandona la dolcezza e la pacatezza del suo precedente cammino musicale per addentrarsi nella vera e propria visione. Il suo lavoro unisce musica e video, calibrando sospiri, sguardi, illusioni, disillusioni, attimi.
La stessa musica appare quasi indefinibile: canzoni che per titoli hanno lettere, che miscela alla perfezione il dolore e la raffinatezza di certa musica folk con l'elettronica di stampo scandinavo, ammaliante e avvolgente (ascoltatevi la meravigliosa "B", ad esempio, la traccia d'apertura che, sin da subito, trascina il suo ascoltatore in un'oblìo di gelo ed esplosioni improvvise, un pezzo che si costruisce su un continuo scalare di sospiri prima di diventare la grottesca preghiera di una musa elettronica senza speranza). I richiami si sprecano, dai Moloko ai Knife, passando per momenti in cui sembra di ascoltare persino certa musica svedese dance anni '70 ABBA-style (La conclusiva "Y", che alterna momenti in cui Jonna sembra incarnare una Roìsìn Murphy molto più weird, ad altri in cui si tocca pericolosamente il campo dancefloor), eppure lei racchiude la summa di ogni fascino (arte, musica, videoinstallazione, creatività, stile, talento) riuscendo ad essere sempre fresca e originale.
Per non parlare di un pezzo assolutamente perfetto come "N", dove un synth minaccioso rincorre disegni geometrici di ritmi e giochi di carillon che sfumano nell'aria non appena entra in campo una voce mai così fatata e ammaliatrice; si tratta di un incantesimo senza tempo, che racchiude in cinque minuti la totale visione del connubio antico/moderno. Si schiude come un bocciolo di rosa e non lascia scampo. è amore.
"U-1" potrebbe, al contrario, sembrare inutile, vista la sua natura di "Intermezzo": una cantilena di due minuti che porta al pezzo più cattivo dell'intero album, "U-2", ed invece anche nella pura inutilità della sua composizione, diventa incredibilmente affascinante e si fa ascoltare anche più di una volta. "U-2", invece, è l'esplosione atipica del suono. Su un passo andante decisamente techno, l'artista si lascia letteralmente andare tra le esplosioni ritmiche più selvagge e i momenti più pacati, realizzando una canzone decisamente "avant-garde", ma che, paradossalmente, potrebbe funzionare anche sulla pista da ballo.
"T" torna in territorio dance sperimentale, senza mai precipitare nel burrone "kitsch". Con classe e maestria, viene confezionato un altro pezzo, magnifico, affascinante e ardito, quanto incredibilmente orecchiabile. Ed è impossibile non citare la stupenda "O", lenta e seplocrale rincorsa di beats elettronici che mettono, per una volta, in risalto la voce di questa impressionante, nuova scoperta.
In conclusione, un disco veramente notevole, da godere possibilmente con i sette video che accompagnano i sette pezzi dell'album. Uno più bello dell'altro.
Stay tuned.
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