"Ian Curtis Wishlist" degli Xiu Xiu è, posso dirlo con certezza, la mia canzone preferita in assoluto. Il canto tremolante e crepuscolare di Jamie Stewart, i tappeti d'ombre, la voce che si fa sempre più schizzoide in un rituale recitativo che ha la morte dentro e, poi, l'esplosione di synth che ti trascinano, a forza, nell'eden: è un pezzo che ascolto molto spesso e che, ogni volta, mi porta alle lacrime. Niente da fare: è quando la musica mi ferisce e mi rimargina ogni dolore.
Scoprire che un uomo, una donna o una band (non l'ho ancora capito e non è chiaro) ha preso il titolo di questa canzone per farne il nickname personale mi ha un po' scosso. Soprattutto perché, prima di ascoltare, ho letto che il suo/loro genere era la witch-house, un po' mi veniva da storcere il naso. Genere molto affascinante, che spesso ascolto e approfondisco con piacere, ma fin troppo ripetitivo e che genera fin troppi artisti. Pochi di loro meritano davvero: i Salem, di cui già vi parlai e il loro ottimo "King Night" ne sono un esempio, ma basta citare anche i Bathaus con il loro infernale EP "BASTIEN", i Crim3s con le loro crepuscolari composizioni vicine ai Crystal Castles più sguaiati, l'intimismo acustico di V?GINA WOLF o i sessuali White Ring. Per il resto, il genere affascina sì, per la sua oscurità di base, il suo maledettismo amatoriale da cameretta e l'immaginario pagano, ma sembra sempre più fermo e accovacciato a una tematica (anche musicale) ripetitiva fatta di simboli e allusioni, spesso noiosissima, che sia l'affascinante logorrea dei Mater Suspiria Vision, o il forzato e lugubre battito selvaggio degli Zxz. Ma i nomi sarebbero davvero un'infinità.
Insomma è solo per la curiosità del nome del progetto che ho deciso di infilare questo disco di otto pezzi nel lettore, senza aspettarmi troppo (o meglio, aspettandomi un po' il peggio, tanto la mia stima per loro sarebbe stata eguale). E invece. Gran bel lavoro. Innanzitutto, non capisco perché (a parte i titoli strambi e fasullamente hipster e un certo sospiro dark che attraversa alcune tracce) venga/ano associati al genere, quando in realtà la loro non é altro che musica elettronica, con pigli noise e ambientali.
"Receiver" è un disco coeso e cristallino. Limpido nella sua rabbia feroce (l'incipit, straordinario, di "Flutters", uno straccio di violenza quasi incomprensibile, ma che diventa, quasi subito droga), che poi si estende verso scenari di incontaminata bellezza.
Un disco che ha il cuore della bestia in mano, riuscendo a costruire, attraverso quest'elettronica animalesca e imperfetta, sospiri, battiti, suggestioni. Ti costruisce una foresta attorno a te e ti butta in un burrone.
E' selvaggio, ma è anche magico.
"Receiver" non sconvolge, non si farà ricordare, probabilmente verrà ascoltato una sola volta da molti che proveranno ad avvicinarsene. Eppure, nel momento, in cui gira nel vostro stereo, i suoi effetti li dà eccome. E se ho la testa che mi gira, dev'essere per forza un buon disco.
Quando mi passano le vertigini, magari mi dedicherò a qualcos'altro.
With love.
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