Ian Dury, elogio della scorrettezza.
I Blockheads avevano giurato che mai più avrebbero suonato con quel viscido nano ed invece, eccoli qui, di nuovo tutti insieme. Perché il leone zoppo è malato e vuole cantare ancora una volta.
E la musica scorre via liscia come un tempo. E le parole sono ancora insolenti e corrosive.
Sia che parlino di come ti sei giocato le tue chances quando eri giovane (Jack Shit George), o che ti ricordino che è solo quello che abbiamo fatto e imparato a rendere vera questa storia (The Passing Show). Ma se ti accorgi che stai girando a vuoto, ecco un trucco: corri felice al cesso e fai clik clik clik (Cacka Boom).
“Mr. Love Pants” è un gran disco. E tutti sanno già che sarà anche l’ultimo. E lo sa anche lui, Ian, il clown ghignante. Combatterà ancora due anni col male che se lo porterà via, e continuerà a dare tutto in concerto fino all’ultimo, anche quando dovranno portarlo a braccia sul palco.
“Ci sono un paio di modi per evitare la morte. E uno di questi è di essere magnifici.”
Ed è stato vivo e magnifico fino all’ultimo. Magnifico e beffardo.
Perché Ian sapeva che ci sono sempre ottimi motivi per essere allegri:
- “Una goccia di chiaretto / ogni cosa che spacca / Elvis e Scotty / giorni in cui non ho brufoli / sedersi sul cesso / curarsi il vaiolo….” -
Eppure, se a sette anni ti capita di fare un bagno in una piscina pubblica e beccarti la poliomielite per aver bevuto un poco d’acqua infetta, magari, potresti avere dei buoni motivi per non vederlo tanto, il lato allegro della vita.
Se sopravvivi.
Una gamba ed un braccio fottuti. Mai più correre, saltare, giocare a pallone. Fottuto.
Così mamma Peggy e le zie Betty e Molly decidono che il piccolo Ian dovrà andare alla “Chailey Heritage Craft School” di madame Kimmings, il cui motto era: “Men Made Here” e dove la “mission” pedagogica era che se i bambini fossero stati cresciuti duramente ed avessero appreso un lavoro (di preferenza il ciabattino), sarebbero divenuti abbastanza forti da sopravvivere nella vita a dispetto dell’handicap.
Non che Peggy, Betty e Molly non amassero il piccolo Ian, o che lo avessero fatto per ignoranza o disperazione (Peggy era figlia di un dottore ed era infermiera, la famiglia Dury apparteneva alla middle class): no loro erano davvero convinte che quella fosse la scelta migliore per il loro bimbo storpiato dal male. Suo padre William, ex pugile e, poi, autista di autobus se ne era andato via (o lo avevano cacciato) e qualcuno doveva indirizzarlo. Tanto più che, ormai, conciato com’era che altro poteva fare?
Alla scuola della signorina Kimmings, Ian, finisce nelle grinfie di mr.Hargreaves, un ex ospite dell’Istituto, che diventerà il suo tutor.
Racconterà Ian che quando, tempo dopo, ricapitò alla Chailey Heritage Craft School e venne a sapere che Mr. Hargreaves si era suicidato, provò una gioia profonda.
In quegli anni gli unici momenti felici saranno le domeniche in cui il padre passava a trovarlo. Non più autista di bus ma di Rolls Royce, arrivava con quel macchinone e Ian si sentiva uno importante.
A lui, il nostro dedicherà “My Old Man”, struggente ricordo di un padre che “fumava troppe sigarette e viveva in una stanzetta su a Victoria” e che era diventato il suo eroe.
Ma fu quell’esperienza che forgiò il suo carattere, che lo trasformò in un cockney, aggressivo e intrattabile.
E Ian prese una decisione: ok, un braccio ed una gamba erano fottuti ma il cazzo e la testa no. Anzi funzionavano benissimo e lui avrebbe usato quelli per farsi strada.
Allora, il nostro eroe, invece di diventare ciabattino si attacca alle sue grucce e se ne va alla scuola d’arte. E’ uno studente brillante e riesce ad entrare al prestigioso Royal College of Art. Qui si fa apprezzare dall'artista pop Peter Blake. Così, finiti gli studi, per lui si aprono le porte dell’insegnamento.
Già: quel folletto deforme che biascicava nenie lascive e sguaiate con un pesante accento cockney, impomatato ed imbellettato, era un uomo colto e coraggioso.
L’aveva fatta lavorare la testa, il nostro Ian. Ma anche il cazzo non era stato a riposo. La sua insaziabilità sessuale era proverbiale tra chi lo conosceva. E poi si era pure sposato con Betty, e l’aveva subito messa a sfornare figli.
- “Mi sono svegliato questa mattina con un regalo per il genere femminile / tu stai ancora dormendo ma al regalo pare non importi / svegliati, e fai l'amore con me!” -
Insomma la storia sarebbe pure potuta finire qui, se non ci fosse stato di mezzo Gene Vincent.
Perché la vera passione di Ian è la musica ed il suo eroe è Gene Vincent. Così quando Gene muore, Ian decide che deve mollare tutto e suonare.
Prende un paio di studenti d’Arte, il suo ex coinquilino e un paio di altri pazzi e forma i Kilburn and the High Roads.
E ci dà sotto.
Persino mentre gli nasceva il suo secondo figlio, Baxter (quello stesso Baxter immortalato sulla copertina di “New Boots and Panties”), Ian era al piano di sotto della sua casa a suonare a tutto volume con la band. E non c’è da sorprendersi che, con un simile imprinting, anche Baxter sarebbe diventato un musicista (e neanche tanto male: ascoltate almeno il suo “Happy Soup” per farvene un’idea).
Sono gran musicisti i Kilburn e la loro miscela di R&B, blues-rock, Disco e music-hall è davvero divertente. Ma all’inizio è solo una lunga e frustante trafila fatta di concerti in bettole di ogni genere, tra l’indifferenza del pubblico e con pochi penny in tasca. Poi, un giorno Nick Lowe si accorge di loro e se li porta al “Tally-ho”. Il giro si allarga ed una sera Roger Daltrey capita ad un loro concerto e decide di portarseli in tour con gli Who.
Era il tour inglese degli Who del 1973, quello di “Quadrophenia”. Il tour fu abbastanza disastroso, anche per la band di Daltrey, ma gli Who decisero di portarsi i Kilburns anche nelle date americane. Un colpaccio: i Kilburns erano solo un gruppo pub rock senza un contratto ed andavano in America a suonare con gli Who! Si diedero un gran daffare per procurarsi passaporti e visti in tempo da record, solo per scoprire che all’ultimo momento erano stati rimpiazzati dai Lynyrd Skynyrd.
I Kilburns non ressero al colpo e si sciolsero.
Ma Ian, nel frattempo aveva incontrato Chez Jankel, quello che sarà il suo partner musicale e Denise, quella che sarà la sua partner a letto.
Denise ha diciannove anni, è di origine giamaicana, ed è vero amore. Ian molla Betty (ma non divorzierà mai da lei, sarà lei a lasciarlo portata via dal cancro) e se ne va a vivere con Denise in un buco senza neanche l’acqua corrente.
Chez, invece, compone con lui “Sex & Drugs & Rock’n Roll”.
Ok, il giro di basso su cui si regge il pezzo lo rubano da un assolo di Charlie Haden, ma a chi gli frega?
Con quella canzone ed un paio di altri pezzi, i due vanno a bussare a tutte le porte.
Nessuno se li fila.
Poi arriva la Stiff Records.
La Stiff non è un’etichetta qualunque: è una delle principali artefici di quella roba nuova che sta nascendo. Il punk.
Ed un nano storpio e depravato che biascica storie triviali, scorrette, incazzate e piene di doppi sensi (ma straordinariamente cariche di humor e di ironia) con un pesante, e spesso incomprensibile, accento cockney è perfetto per il punk.
Certo quella roba che suonano non è punk, ma a chi gli frega?
E’ il ’77 e Dury ha già 35 anni.
Ian e Chez mettono su in fretta e furia un nuovo gruppo e lo chiamano come una delle loro canzoni: “Blockheads”. E, cazzo, sono un signor gruppo i Blockheads!
E così arrivano due gran dischi – “New Boots and Panties” e “Do It Yourself” – ed un bel po’ di hits – “Sex & Drugs & Rock’nRoll”, “Hit Me With Your Rhytm Stick”, “Inbetweenies”, “Reasons To Be Cheerful Pt. 3”.
- “I had a love affair with Nina in the back of my Cortina/ a seasoned- up hyena / couldn't have been more obscener" -
A quel punto Ian decide di essere diventato una superstar. Lasciato il lurido appartamentino che divideva con Denise, si sposta a vivere in un albergo a cinque stelle, per poi affittare una villa di lusso con parco e piscina.
Ma la fortuna, si sa, non dura a lungo e, Ian, non è certo uno che ha culo.
I suoi demoni l’assalgono durante le session per “Laughter”. Alcool e paranoia. La storia con Denise è al capolinea. Ian manda a fare in culo anche Chez, al suo posto arriva Wilco Johnson. Le registrazioni sono un disastro, Ian brucia tutti i soldi per mettere su un tour faraonico e, alla fine, il disco è un flop.
La Stiff lo molla e i Blockheads si sciolgono. “Mai più con quel viscido nano”, giurano.
Poi Chez torna. I due se ne volano in Giamaica con i soldi della Polydor a registrare “Lord Upmister” con Sly & Dumbar.
“Lord Upmister” è il suo disco più debole; però qui dentro c’è “Spasticus Autisticus”.
- “UNA SEDIA A ROTELLE IN OGNI CASA”- E’, in Inghilterra, lo slogan dell’anno ONU del disabile ed ai tipi della BBC pare una buona idea chiedere a Dury una canzone celebrativa dell’evento.
Chi meglio di lui?
E Ian li ripaga con “Spasticus Autisticus”.
Hai presente quella scena di “Spartacus” di Kubrik? Quando i gladiatori ribelli, ormai sconfitti, urlano il loro “Io sono Spartaco”? Ecco, quello stesso urlo di battaglia si trasforma in “io sono spastico e autistico”. E poi Ian azzanna alla gola il perbenismo ottuso e “politicamente corretto” dei suoi committenti con tutta la scorrettezza e la feroce ironia di cui è capace.
- “Sono Spastico, Spastico/Spastico Autistico/Mi contorco quando piscio/perché il mio attrezzo è un colabrodo/Perciò mettete i vostri soldini/guadagnati duramente nella mia tazza/E ringraziate il Creatore di non essere nel mio stato”-
Quei simpaticoni della BBC non la prendono bene e bannano “Spasticus Autisticus”. Anche Ian, per molto tempo sarà “persona non grata” in quegli studi. Molti dirigenti del servizio pubblico che si scagliano contro di lui non sanno neanche della sua malattia.
E così la carriera di Ian si arena. Uscite sporadiche, qualità altalenante. Il nostro si dà al cinema (e ci riesce anche abbastanza bene) e scrive per il teatro. Si risposa. Insomma continua a far lavorare la testa (ed il cazzo).
Poi, nel 1995, gli viene diagnosticato un tumore. Tre anni dopo decide che vuol tornare a cantare e chiama i Blockheads.
E tirano fuori “Mr. Love Pants”. E te l’ho già detto che è un gran disco? Trovagli spazio tra “New Boots and Panties” e “Do It Yourself”. Perché ce li hai, vero? Se no che ci stiamo a fare qua, andiamo su FB a postare gattini….
Due anni dopo, il cancro se lo porta via. E’ il 2000 e Ian ha 57 anni.
Ma in quei 57 anni ha sbeffeggiato, sputato, ghignato, scopato, preso per il culo stampa, musicisti, case discografiche, istituzioni, fans (ad un fan adorante che cercava di toccarlo urlò, cacciandolo in malo modo “non sono mica il Papa”). Punk senza essere punk, rapper senza essere rapper, cantante senza saper cantare, un po’ Gene Vincent ed un po’ Captain Beefheart (dirà qualcuno), Lou Reed con la brillantina (dirà qualcun altro), un Mark E. Smith più ironico e pop (dico io). Laido e sporcaccione, poeta e “freak”, carogna e amico fedele, improbabile rockstar. In Inghilterra non è stato dimenticato: libri, ristampe di dischi e persino un film “Sex&Drugs&Rock’nRoll” con un fantastico Andy Serkis nei suoi panni.
Insomma è stato vivo, nonostante tutto. Vivo e magnifico.
I colpi che ci infliggono gli déi sono solo brevi deviazioni sul nostro percorso.
“E adesso levatevi tutti dai coglioni. Siete licenziati. Andate e siate magnifici”.
Siate magnifici.
A proposito.
Poi, un giorno, Ian incontrò davvero Charlie Haden. E, trovandoselo di fronte non poté fare a meno di confessargli il suo furto. Così Ian dice a Charlie che il suo più grande successo “Sex&Drugs&Rock’nRoll” si regge su di un giro dio basso che lui gli ha fregato. Allora Charlie lo guarda e gli dice: “tranquillo, brother, quel giro l’ho fregato anch’io”.
Infatti era un vecchio standard cajun.
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