Ci sono dischi che creano assuefazione, di cui ci si affeziona all'istante e si riascolta più e più volte, fino all'esaurimento, e ci sono dischi che magari al primo impatto non esaltano particolarmente e che solo ogni tanto riescono ad abbandonare il loro scaffale polveroso per sprigionare la musica contenuta in essi ma quelle poche volte, magari in momenti particolari, riescono sempre a lasciare il segno, a trasmettere emozioni: "Lost Herd" di Ian Tyson appartiene proprio a questa categoria: ritmi lenti e tonalità riflessive, quasi malinconiche, come fa intuire la copertina in bianco e nero; questo album registrato tra Nashville, Calgary e Toronto e pubblicato nel 1999 come mid-price release (magari in Canada, non certo da noi...) evoca praterie sconfinate, cavalli, bisonti, coyote, deserti e montagne innevate: paesaggi incontaminati dove la natura regna sovrana, lontani dagli spazi chiusi e dal caos delle città.

Uno dei tratti caratterizzanti di questa nona fatica solista del leggendario cantautore canadese è la voluta sobrietà degli arrangiamenti, che mette ulteriormente in risalto la bellissima voce e l'innata attitudine di storyteller del Nostro, come dimostra l'opener "Brahmas And Mustangs": le chitarre acustiche fanno l'andatura, il pianoforte sottolinea la melodia, un'appena accennata chitarra elettrica in sottofondo aggiunge profondità al sound e la voce del nostro scorre fluida, magnetica, sfociando in un ritornello particolarmente orecchiabile e riuscito, creando così la canzone perfetta per iniziare l'album, che per tutta la sua durata (38 minuti) si mantiene su livelli tra l'alto e il medio-alto, raggiungendo vette di struggente poesia con la stupenda ballad "Blue Mountains Of Mexico" tanto minimale, quasi spoglia nella struttura quanto affascinante, ipnotica e nobilitata da un testo di rara bellezza, ma in generale è tutto il disco a non presentare nemmeno una falla, a dimostrarsi sempre bello, ricco di significati, raffinato e mai banale da qualsiasi parte lo si prenda: l'evocativo bluegrass di "Smugglers's Cove", con il basso acustico e il caro vecchio Fiddle a ricreare con il loro ritmo e la loro melodia il fascino di paesaggi sconosciuti, l'epica ballad dalle sonorità flamencheggianti "La Primera", una sorta di omaggio alla storia del continente nordamericano, da Cortez alla conquista del Far West, il mood sereno e riflessivo della titletrack "Lost Herd", arricchita da vividi assoli di sax, che fa capolino anche nella breve e dolente piano ballad "Summer's Gone", il punto più malinconico e struggente del disco, a cui si contrappone un trio di orecchiabili folk songs, "Roll On Owyhee", "Legends Of Cutting" e "Elko Blues-The Roan Mare", che emanano spensieratezza e libertà da ogni singola nota e completano il breve ma vivido affresco di quest'album, che si chiude sulle note di "Somewhere Over The Rainbow": una cover molto semplice, praticamente solo voce e chitarra acustica: melodia intramontabile e interpretazione da pelle d'oca, che chiude con immensa classe un album per palati fini, ricco di melodie senza tempo e testi di grande spessore, perfetta testimonianza del trascendentale talento di questo misconosciuto artista, che si deve accontentare della Canadian Music Hall Of Fame mentre soggetti come i Metallica o, peggio ancora, i Jackson 5 e Michael Jackson solista, o ancora peggio, Madonna, vengono introdotti con tutti gli onori nel dorato firmamento delle stelle del Rock and Roll.

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