Confesso di non aver mai sentito il nome di Ibrahim Maalouf. Ebbi il piacere di farne conoscenza quando mi giunse all'orecchio l'uscita di un album tributo a Dalida, realizzato sul finire del 2017. Tutto quanto posso dirvi del Signor Maalouf è che si tratta di un trombettista, cantante ed arrangiatore franco-libanese, dall'anima jazz.
Le intenzioni dell'album si ritrovano nelle medesime parole del suo realizzatore:
"Dalida era così speziata, talvolta punk, poi disco, malinconica, alla moda, folle...Dalida Jazz? Perché no..."
Nasce così "Dalida by Ibrahim Maalouf", un tributo Jazz che vede, inoltre, la collaborazione di dieci artisti, tra cui i più noti sono Mika e Monica Bellucci.
Il maggiore merito di questo lavoro è quello di non essere una semplice rilettura, più o meno rispettosa e più o meno "innovatrice", come la maggior parte degli album tributo, bensì una ricerca improntata ad una vera direzione artistica.
La scelta dei brani potrebbe essere definita scontata, avendo optato per quelli più conosciuti; d'altro canto, potremmo anche considerare come la scelta di brani maggiormente impressi alle orecchie dei fedeli ascoltatori di Dalida sia un atto di audacia. Non sono, forse, le note più amate, quelle verso cui ogni ascoltatore-ammiratore è pronto a gridare allo scempio?
Forse forse i più ferventi difensori di Dalida saranno già sull'attenti al sentir nominare la parola "Jazz". Parlando di Jazz, il rimando mentale più lesto è quello dell'improvvisazione, ma allontaniamoci subito dai timori e dagli stereotipi dicendo che, in questo album, siamo di fronte ad un lavoro compassato e d'atmosfera.
Cliccando "play" sul lettore cd dell'auto o sullo schermo del cellulare, o, mi auguro, lasciando che la puntina del giradischi inizi il suo viaggio tra i solchi del più elegante supporto, veniamo accolti dalla tromba di Maalof. Il brano che ci si offre è "Bambino", ma è irriconoscibile per i primi 17 secondi strumentali. Nell'introduzione originale del brano, la voce di Dalida si dispiegava a pieni polmoni, richiamando, per ben due volte, quel "Bambino". La versione della cantante francese poneva l'accento sull'aspetto grottesco dell'evento cantato. In questa rilettura, invece, si problematizza l'interiorità delusa del ragazzino troppo giovane per "giocare con l'Amore".
"Gli occhi scavati, il volto triste e le guance pallide"
La voce sussurrata e l'arrangiamento sottolineano la sensualità di questo "cherubino" (così lo si epiteta nel brano) che è facile figurarsi come una figura preraffaelita.
Sensualità e dolenza, del resto sentimenti che orbitavano dalla stessa persona di Dalida, sono le note principali dell'album in questione.
L'apice della sensualità è raggiunto nella rivisitazione di "Parole, parole". Nel brano proprosto da Maalouf, curiosamente, rispetto alla notissima versione italiana o a quella francese che vedevano Mina implorata da Alberto Lupo e Dalida da Alain Delon, i ruoli sono invertiti. Qui Monica Bellucci si diletta nel corteggiamento di scarso spessore e Ibrahim Maalouf, con una voce leziosa e piuttosto femminea rifiuta le lusinghe tacciandole come "Parole, parole, parole..." Alla fine sorge anche il dubbio se non fingano entrambi...chissà. Ha qualche cosa di contemporaneo; quel contemporaneo tacciato di esser "liquido", già qualche tempo fa.
Un ribaltamento ancor più di effetto è stato destinato, invece al brano più dolente. La traccia che suona più melanconica è "Laissez-moi danser", successo disco di Dalida.
Così come per "Bambino" abbiamo 17 secondi di intro, questa volta affidati ad un pianoforte. Anche in questo caso il cambio di abito lo rende irriconoscibile prima del sopraggiungere delle parole. Tuttavia, anche rimebrando il testo, permane un certo straniamento: i lustrini di cui si vestiva Dalida sono spariti, i ballerini che accompagnavano la cantante dai biondi e fluentissimi capelli, sono spariti; le coreografie da varietà sono sparite.
Ora a dirci:
Io vivo di Amore e di danze
C'è solo una voce; una voce mesta, quasi tendente al pianto e
Lasciatemi danzare, lasciatemi
Disvela tutto l'umorismo di cui, probabilmente, era già vestito quando fuoriusciva dalla corde vocali di Dalida.
Per spiegarci la differenza tra il comico e l'umoristico, Pirandello non ci indusse, forse, a ragionare tra l'"avvertimento" e il "sentimento del contrario" innanzi all'immagine di una signora tutta imbellettata e parata di abiti giovanili?
Ibrahim Maalouf, rimaneggiando, "Laissez-moi danser" è stato maestro nel cogliere il "sentimento del contrario".
Speranzoso di aver prodotto in voi il desiderio di ascoltare questo album, vi lascio.
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