Le recensioni non vanno scritte a mente fredda. Se il disco è buono, basta metterlo su e le parole vengono fuori subito, naturali, appropriate, chiare.

Ed è il caso degli Iced Earth, che con questo "Night Of The Stormrider", seconda uscita della loro carriera discografica, illustrano - in un periodo pieno di innovazioni, di ricerca, se vogliamo di sperimentazione per il metal: vedi atheist, cynic, death...) - come si può prendere uno standard, interpretarlo e dargli nuova linfa vitale, senza stravolgerlo e anzi esaltandolo. E difatti dei nostri eroi della terra ghiacciata tutto possiamo dire meno che siano innovativi rispetto ai loro dèi: Iron Maiden in primis, ma anche Judas Priest e Black Sabbath. Il risultato, comunque, è gioia per le orecchie.

Si parte con Angels Holocaust, che maestosamente riprende il famoso coro tratto dai carmina burana. Ed è un alternarsi di parti lente, decadenti, e di riff più tipicamente thrash, accompagnate dalle furiose ed altissime urla di John Greely, che dà al disco un'impronta davvero heavy. Non si ha il tempo di respirare, e in uno scroscio di pioggia comincia la title track: altra perla di cattiveria, diventerà un cavallo di battaglia negli show dal vivo. Il ritornello entra dentro dal primo ascolto, e fermare la testa è impossibile. Si continua dritti per una strada che appare già segnata; "The Path I Choose", di chiara impronta maideniana, è una tumultuosa cavalcata di sei minuti; Before The Vision è un intermezzo di lusso, solo chitarra e voce, e si riprende a cavalcare con Mystical End. Che altro aspettarsi da un gruppo la cui anima è il chitarrista ritmico? Riff a volontà, naturalmente, e fin qui ce n'è per tutti i gusti.

Ma la seconda parte dell'album stupisce, per atmosfera, visioni oniriche, varietà (pur rimanendo, sia ben chiaro, all’interno dei limiti/pregi del genere). Il quartetto inizia con “Desert Rain”, una delle song più varie di tutto l’album, sempre easy-listening ma già più complessa; tocca a “Pure Evil”, ancora in nettissima chiave maideniana; un nuovo intermezzo, “Reaching The End”, ci guida fino al fiume infernale di “Travel In Stygian”, degna chiusura di un album infernale ma capace di far sognare. Si tratta, probabilmente, dell’episodio più riuscito dell’intero album; la voce diventa demoniaca, raggiunge vette irraggiungibili, canta tutta la disperazione del mondo. Anche l’atmosfera continua a crescere, e il lungo viaggio (quasi 10 minuti!) ci porta via l’anima.

Cosa, dire, in sintesi, di più ? Che questo album è un MUST per tutti gli appassionati fan degli Iced, che in qualche modo ne rappresenta una prima svolta dall’heavy maideniano verso un’oscurità metallica che diverrà il loro contrassegno (specie negli album successivi, a partire da “Burnt Offerings” e “Dark Saga”) . Peccato per la produzione, ancora acerba: siamo lontani dai fasti di “Alive In Athens” …

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