Saper far evolvere una performance a un rito che da cerimonia diventa manifesto non è davvero roba da tutti.

Performance, perché gli Idles usano la fisicità, la potenza del suono.

Cerimonia, perché hanno un ordine preciso ed unico di costruzione nel loro modo di esprimersi

Manifesto, perché il loro messaggio è una vera e propria proclamazione dove il contenuto è sempre diretto, senza alcuna possibilità di poter essere mal interpretato

Una folla di 3000 persone racchiuse nel catino dell’Alcatraz dove il sudore prenderà subito il posto da protagonista, dove la fisicità è racchiusa nel primo dei tanti proclami della sera “the crowd: divide in two, Left and right and now….collide!”, dove “collidere” significa tutto e non solo scontrarsi, entrare in conflitto Vuol dire mischiarsi, accettarsi, condividere, amarsi, pogare, donarsi anche con uno stage diving del chitarrista sulle teste del pubblico e il roadie che allungava il cavo della chitarra. E’ la parola “amore” che risuona più spesso dei passi parlati di Talbot grande satrapo della cerimonia. E’ l’accettazione della differenza che accoglie la feccia “I’m a scum” della società, ma che si pone contro gli autoritarismi dichiarandosi espressamente “antifascista”. Amore è' il ricordarsi più volte della causa palestinese e dei bambini di Gaza.L’amore di “Grace” e “Dancer” dall’ultimo Tangk che è davvero un’evoluzione del passato e dove si sente l’influenza Radiohead, il cantato diventa più aggraziato, melodico, le influenze chitarristiche si uniscono con passaggi elettro, beat, quasi a volere decompensare per un attimo lo scoppio di adrenalina di 2 ore dense e sature di sudore da far impallidire Henry Rollins. E’ esprimere la propria “Gratitude” al pubblico senza il quale loro non sarebbero in quel momento li su quel palco. In “Mother” trovi l’ironia di come far incazzare un conservatore “The best way to scare a Tory is to read and get rich” e poi l’invito al pubblico “Get down get down” ad accovacciarsi in una specie di sit in risalendo pian piano al ritmo di Fuck the King. Dentro gli Idles trovi i Gang of Four, a un certo momento ho riconosciuto anche Siouxie and the Banshees sulla chitarra . Sono avanguardia senza saperlo di essere perchè "oltre", post di certo perché non solo punk, sono un atto evolutivo, come lo era stato il post rock di Louisville, Mi ha davvero sorpreso lo stile comunicativo molto simile ai Rage Against the Machine, questi ultimi certamente più fini musicalmente, ma allo steso modo diretti (chi si ricorda il concerto al Festival Sonoria del '96?) dove il potere è la parola, e la potenza della parola è sostenuta dal suono. Una scena oggi quella post punk inglese che annovera anime diversissime: dai DC Fontaines agli Squid, dai Dry Cleaning agli Shame o Yard Act, ma NESSUNO di loro ha la stessa capacità comunicativa di arrivare diritti al cuore e al cervello del pubblico come gli Idles: nessuno. Non pretendono di essere celebrali, sono semplicemente veri, limpidi ed unici a sé stessi. Una scaletta perfetta in cui c’è TUTTO degli Idles. Celebrano il punk prendendo molte tracce da Joy as an Act of Resistance che fu a ragione uno dei migliori album usciti nel 2018 oltre al già citato “i’m a scum” (“Denny Nedelko” “Samaritans” “Colossus”, “Never fight a man with a perm”, “Rottweiler”) come lo facevano i Nirvana e non credo sia un caso che Mark Bowen si presenti sul palco con tanto di gonna. Finiscono con Rottweiler, con un crescendo mostruoso di drumming dove la cerimonia punk si trasforma in un muro noise alla Swans. Fantastici!

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