Questi ultimi 4 anni hanno visto la rinascita del jazz, come genere non più solo per aficionados, ma come musica di più largo ascolto. Cosa difficilmente prevedibile, tra l'altro. Evento scatenante, probabilmente, il successo planetario raggiunto nel 2015 dal giovane sassofonista Kamasi Washington, che in un triplo mastodontico dal titolo “The Epic” frullava 50 anni di jazz con disinvoltura e forse un po' troppa volontà bignamistica, se mi concedete il neologismo. Ecco, se l'opera di Washington peccava un po' di manierismo, lo stesso non si può dire di uno dei migliori dischi di questo 2018, “Your Queen Is A Reptile” dei Sons Of Kemet e in parte anche a questo “An Angel Fell”.
Sicuramente meno eterodosso come jazz quello di Ackamoor, rispetto a quello dei Sons Of Kemet, vuoi per l'anagrafe dello stesso (il nostro è del 1951 e suona da inizio '70), vuoi per esperienze musicali differenti (Ackamoor girò l'Africa in tutti gli anni '70, per poi tornare in California) ; ma non per questo disco meno potente, sia dal lato politico (esemplare in tal senso “Soliloquy for Michael Brown” giovane nero ucciso nel 2014 dalla polizia del Missouri, sax inquieto che bercia stizzito su una base di congas) che da quello puramente musicale.
Sprazzi di canti corali e spaziali alla Sun Ra soprattutto nella titletrack, tanta Africa, nelle chitarre maliane e l'afrobeat dell'iniziale e bellissima “Tinoge” che da sola vale l'ascolto del disco. Il sax (spesso doppiato da un estemporaneo ma centratissimo violino) ora viaggia melodico (“Papyrus”) ora più selvaggio a rincorrere una chitarra acidissima (“Message to my People”) oppure a tutto campo nell'anthem ecologista “Warrior Dance”. Per concludere, forse il brano più spiazzante, “Land Of Ra”, che mette in piedi un improbabile jazz su base dub, un incontro scontro fra Augustus Pablo, Mulatu Astatke e Pharaoh Sanders.
Musica tanto buona per la testa quanto corroborante per il corpo.
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