Heavy metal, progressive metal, musica elettronica, un pizzico di pop e una spolverata di power metal: questa è la ricetta usata da Ihsahn (al secolo Vegard Sverre Tveitan) per il suo ultimo album, Arktis. "Varietà" sembra essere la parola d'ordine per questo lavoro. E questa grande varietà è un enorme pro, non solo perchè fa sì che l'album non sia mai ripetitivo, ma anche perchè rende estremamente riconoscibili tutte le canzoni che compongono la tracklist: non si potrà mai confondere, a titolo d'esempio, "My Heart Is of the North" con "Until I Too Dissolve". Con questo lavoro, la mente poliedrica dell'ex leader della black metal band Emperor si è dimostrato (come se servisse una conferma di ciò) una delle menti più proteiformi dell'intero universo musicale, non solo metal, insieme a Kristoffer Rygg, a cui probabilmente si è ispirato per alcuni passaggi, come ad esempio gli inserti elettronici che sembrano risalire ai lavori degli Ulver post-Nattens Madrigal a cui però aggiunge sempre la zampata ruggente metallica, rendendo il suo lavoro sì ricco di citazioni e/o rimandi ma personalizzandolo, non limitandosi mai alla pura emulazione (si pensi, ad esempio, a "South Winds").
Rispetto ad altri lavori di Ihsahn, questo Arktis. è più abbordabile per chi non è avvezzo alla sua musica, grazie anche ai ritornelli, spesso in clean, molto orecchiabili e facilmente memorizzabili (mi verrebbe da dire quasi pop, ma non vorrei offendere i più sensibili). I cambi di ritmo ci sono? Sì. Ma nonostante questa estrema varietà interna alle singole tracce (non solo tra una canzono e l'altra), l'ascolto dell'album è tutto men che complicato. A proposito di ciò mi vengono in mente due canzoni: la già citata "My Heart Is of the North", che si mantiene dura, prepotente, in una parola, metal, per tutta la prima parte, salvo poi giungere ad un momento di quiete, in cui allo scream acido si sostituisce la dolcissima voce in clean, salvo poi, di punto in bianco, tornare alla furia metal della prima parte; e la canzone che apre la tracklist, "Disassembled", che, pur mantenendosi oscura per tutti i 5 minuti della sua durata, riesce a non rimanere uguale a sè stessa, grazie ad una parte più heavy delle prime strofe, un ritornello in clean molto orecchiabile, a cui fa seguito una strofa, anche questa in clean, cantata da Einar Solberg dei Leprous,e poi si ritorna su ritmi più incalzanti e pesanti, in cui lo scream a cui siamo abituati torna a farla da padrone.
Non vorrei prolungare troppo la recensione, per non svelarvi i minimi dettagli di un album che ogni amante della musica metal dovrebbe ascoltare, per invogliarvi ad ascoltarlo, cosicchè possiate scoprire da voi le tracce e i magnifici arabeschi che contengono. Senza ombra di dubbio, in questo 2016, Arktis. è uno degli album migliori fino ad ora usciti, insieme a The Astonishing dei Dream Theater (secondo il mio modestissimo parere)
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