I pensieri saranno anche abissali, ma la loro resa sonora si mantiene in superficie, ondeggiando su strati di chitarrine scampanellanti e synth tremoli, per filastrocche indie pop agrodolci e stancamente tardo-adolescenziali.

Il ritorno del Il Piccolo Bu non è quindi entusiasmante, addolcendo i toni del loro primo lavoro (“Noi siamo del 2000”, 2016), che rappresentava l’episodio più interessante e saturo della creatura oggi controllata da 4 solofrani scapestrati. Insomma, se il capitolo precedente rappresentava la novità indie pop, il nuovo “Innocenti” si basa su sonorità e testi meno divertenti e al primo ascolto si ha la sensazione che questo album si sia già sentito.

Certo, ci si porta appresso un po’ della densità wave dell’episodio passato (le chitarre taglienti di “La Panda di Adriano”, l’elettronica stordente di “Intorno al mondo”, una generale atmosfera indie anni Ottanta), ma quanto c’era di vincente nell’album di due anni fa viene scartato e limato. Rimangono da gustare una manciata di caramelline jangle come “Il Casellante” e la buona “Milano”, oltre a piacevoli quadretti di indiepop corale del calibro di “Gatta Cenerentola” (forse il pezzo migliore del lotto), fino al ritiro incondizionato nel pop giocherellone degli esordi (“Amici).

Continuano a far capolino, qua e là, elementi interessanti: tra tutti una gestione dei synth notevole che potrebbe diventare vero punto di forza futuro, ma anche una sempre più accurata e stratificata gestione del sound (sebbene, lo ripeto, si rinunci qui alla radicalità dell’episodio precedente). Insomma, la discussione sul presunto potenziale residuo del Piccolo Bu è aperta. Per ora rimane da constatare che, nonostante la frequente abitudine a porsi sul filo del rasoio, di rovinose cadute finora non ne sono mai state registrate.

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