C'erano un po' tutti. Il mio vicino di casa, il tizio alto alto con i rasta grigi e la maglia rossa e sopra la falce e il martello, i ragazzi senza barba ma con la frangia, le ragazze rockabilly, qualche skater senza skate, un tizio col giubbotto di pelle, la fronte neanderthaliana e la coda.
Un tizio sulla quarantina con il viso prosciugato, gli occhiali, il mullet che gli scendeva orgoglioso sullo zaino e la testa che teneva il ritmo. Ragazze che dicevano guarda guarda è Manzan. Ragazzi che si giravano le sigarette. Coppie con la nikon, uomini con la telecamera portatile.
Flash, cellulari, bicchieri in terra, cartacce e mozziconi sono la più visibile e duratura manifestazione del passaggio di tutte queste persone.
Il primo gruppo, Feed The Dog (basso, batteria e voce), non l'ho sentito.
Breve attesa, il tempo di cambiare qualche microfono e di bersi una birra, poi il Teatro Degli Orrori salgono sul palco.
Nero vestiti, oscuri come il mondo che cantano, attaccano con "E' Colpa Mia".
Parte il pogo e dalla mia posizione laterale mi domando se sia colpa mia se sto diventando un sasso e non mi emoziono più per queste cose.
Le chitarre sulfuree, le ritmiche hardcore si frustano a vicenda.
Un tiro perfetto e decisamente invidiabile.
Si susseguono poi altri brani del nuovo album "A Sangue Freddo", fino all'omonima canzone anticipata da un distorto intro di chitarra.
Nemmeno io resisto e mi getto nel pogo dopo aver consegnato in mani sicure tutti quegli oggetti che potrei perdere: chiavi, cellulare e portafoglio.
Nelle prime file è un groviglio di mani che si protendono verso Capovilla che canta come inguriasse qualcuno. Lui è piegato su quelle mani tese e spasmodiche, aperte, intagliate nella luce dei riflettori.
Da lontano fa un certo effetto. Capovilla tocca teste, lancia sguardi e mima con le dite sceniche pistole che sparano colpi immaginari. Alza il pugno chiuso. E' un autentico showman, anche se alle volte un po' retorico, che catalizza l'attenzione e dà forma e corpo alla musica che non cede un passo.
Intervalla le canzoni con battute, provocazioni al pubblico ( in una pausa di silenzio durante un brano, non ricordo quale, un ragazzo urla "yeahhh" PP lo guarda e dice "Cosa vuol dire questo -yeahhh?- questo è un silenzio narrativo, tu con il tuo yeah cosa narravi?" il pubblico accenna un'applauso PP fa segno che non è necessario e che si era tutto sul ridere "Dai ora riproviamo" e il brano riprende), osservazioni e considerazioni politiche sull'Italia.
A un certo punto si lancia sul pubblico.
Il Padre Nostro nella loro versione, e "Il Terzo Mondo" riassunto dell'Italietta, Italiuccia, Italiaccia.
Nicola Manzan suona il violino su "La canzone Di Tom" e il ritmo dello show è più o meno questo: canzoni panzer, madrigali elettrici, brani pensosi-rilassati.
I bis vedono "Vita Mia", "Dio Mio", "Compagna Teresa" e "E Lei Venne!". Tutte potenti e tese.
Arriva anche "Il Turbamento Della Gelosia" con il suo riff incrinato.
Purtroppo lo spettacolo e il sonoro è vittima di una certa ripetitività, dovuta anche all'impianto sonoro, appiattisce i brani e disperde le sfumature apprezzabili su disco.
Le canzoni finiscono per essere tutte un po' troppo simili.
Ma d'altro canto bisogna riconoscere più di un merito al Teatro Degli Orrori.
Quello che è lampante è la loro intensità lirica, il loro impegno sociale e la loro capacità comunicativa.
Ed è per questo che, a parere mio, loro non solo sono un dei migliori gruppi in circolazione al momento, ma sono anche in un momento di massimo splendore e visibilità.
Vederli dal vivo oggi è una grossa opportunità, una di quelle esperienze che potrebbero anche segnarti.
Chi meglio di loro incarna l'immaginario dell'impegno politico a là Saviano, sfumato dietro un oscuro simbolismo d'altri tempi, rilegge la tradizione provocatoria e alternativa della musica noise anni novanta e riesce ad essere credibile?
Musicare Baudelaire e Majakovskij poi senza essere snob e mantenendo un forte impatto non è da tutti.
Dopo il concerto Manzan, Gionata Mirai, Francesco Valente e PP Capovilla sono in giro per il parco del Nuvolari.
Parlano amabilmente con i molti fan (compreso l'io narrante della recensione) senza spocchia e senza fretta. Abbracci, foto e strette di mano.
Capovilla parla di un po' di tutto rigirandosi il cellulare tra le mani; l'aura che emana non è distante da quella mostrata nel bel mini doumentario realizzato da quelli di "Pronti Al Peggio".
Il mini documentario recita però "Suona nei [gruppo citato] ma non fa la rockstar" quasi infastidito.
Penso che il lato umano che scaturisce da gruppi come questo sia proprio frutto di questa natura "svizzera" (avete presente i politici svizzeri che non sono politici di professione ma fa fanno principalmente un'altro lavoro per poter anche rimanere più a stretto contatto con i problemi concreti del paese) e che contraddistingua la bellezza di queste fioriture "Tardive".
Capovilla è nato nel 1968 e ha esordito con il Teatro nel 2007, ai tempi dei One Dimensional Man penso che pochi si sarebbero aspettati la lucida poesia del Teatro Degli Orrori.
Stasera toccherà ai Tre Allegri Ragazzi Morti di Davide Toffolo, 1965, altro esempio che per produrre Arte di qualità è necessaria anche una non indifferente maturazione.
Quindi meno male che non fanno le rockstar, che fanno i camerieri o i commercialisti, quando i risultati sono a questi livelli.
E' colpa mia
se siamo diventati indifferenti
più poveri più tristi
e meno intelligenti
è colpa mia
che non mi curo delle tue speranze
forse perché delle idee
non so più che farne
è colpa mia
non ci avevo mai pensato
ps-Non ho fatto foto perchè non avevo la fotocamera :in tasca non ci stava.
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