La bella presenza è uscito il 13 gennaio 2012, quasi un anno fa, atteso ed agognato da chi, come me, ha avuto la fortuna di incrociare la parabola artistica di questo ragazzo allampanato e con la frangia che risponde al nome di Ila(rio) Rosso. Ed io c'ero, la sera del primo vernissage di questo album pubblicato dalla INRI, piccola e coraggiosa etichetta sabauda. E' accaduto nella cornice intima e famigliare della birreria Petrarca di Torino, teatro di tante serate innaffiate di birra e rumorose di chiacchiere più o meno accorate, come spesso succede in questa città così intrisa di musica e talento. Io c'ero e per non sbagliare, ne ho acquistate tre copie, da ascoltare e canticchiare mentre in macchina me ne vado al lavoro e per regalarle a qualche amico prezioso, per spiegargli che ho la fortuna di averne uno che di mestiere fa il cantautore. Sì, Ila Rosso è un cantautore, vero. Ha iniziato a raccontare la sua musica e le sue storie in diversi locali della sua città che è anche la mia, prima di dare loro la forma elegante e raffinata di questo bellissimo disco di esordio.

Ila Rosso è accompagnato dal violoncello e dalla fisarmonica di Gabriele Montanaro, dal basso di Sergio Maiandi e dalla batteria di Valter Piatesi, in un ensemble acustico molto gradevole e di grande impatto, anche dal vivo. E poi c'è Ila, con la sua immancabile chitarra classica, accarezzata con un fingerpicking molto lineare che ben si accompagna alla sua voce, alle melodie ed ai ritmi variopinti che animano queste dieci tracce (più una immancabile ghost track). Dieci racconti, dieci spaccati di vita che spaziano dagli stereotipi più gettonati della vita cittadina all'irrefrenabile e dantesca vita notturna dell'ormai inflazionato “club to club”, dal degrado suburbano alle ferite della storia più o meno recente, dalla lirica più romantica al cinismo più aspro.

La “questione linguistica” è quella che più mi colpisce nell'ascoltare i lavori di Ila: anni fa ed in un'altra vita io e lui camminavamo su un sentiero di montagna ed incontrammo un cane senza padrone che ci seguì per un bel pezzo. Lo battezzò subito Wedra. Penso spesso a quella giornata mentre immagino i due “marusa che si fanno un pezzo nell'auto chiusa” con il protagonista de “La Bellapresenza” o quando mi figuro il giovane che “domani se la può stercare” nella routine senza domani de “I Giovani” o ancora al disilluso viveur che nel suo peregrinare notturno si rende conto di essere finito nell'ennesima “brasa” (ne “La Ballata dell'Ubriaco Moderno”). Espressioni colorite ed evocative di uno slang che contribuisce a dipingere i contorni dei personaggi e le atmosfere in maniera netta e mi confermano che quell'Ila è lo stesso di quella passeggiata di tanti anni fa.

Gli arrangiamenti di questo disco sono la sorpresa più piacevole per chi come me era abituato ad ascoltare queste canzoni con l'acustica imperfetta di un locale affollato o in qualche EP auto prodotto. Ed è così che “La Francia” diventa una canzone stupenda, per me la più bella ed ispirata di tutto l'album, con quell'incipit di fisarmonica e gli eleganti vocalismi di Carlot-ta, giovane cantautrice vercellese (carlot-ta.com) cresciuta insieme ad Ila in quella fucina di talenti che è il collettivo chiamato Minoranza d'Autore. Anche la divertente “Figlio di Papà” si veste di tonalità rock nel descrivere le peripezie di un punkabbestia da paura che, arrivato “alla soglia degli enta”, vende banalmente la sua anima ribelle per non affondare.

Vorrei dirvi quanti e quali echi ho sentito nel fare mia la musica di Ila e lo farò: Capossela, Ferretti, Gaber, De André, Tom Waits, Brassens, solo per citarne alcuni. E lo faccio perché neanche per un secondo ho percepito la volontà di Ila di scimmiottare anche una singola nota di questi meravigliosi artisti. Ma noi siamo la musica che ascoltiamo e se abbiamo la voglia e la capacità di proporre la nostra, non potremo mai prescindere da quel patrimonio di melodie, contenuti ed emozioni di coloro che abbiamo scelto come maestri. Sono certo che per Ila è stato così, nel costruire pezzo per pezzo questo piccolo capolavoro che mi auguro preluda ad una carriera prolifica e ricca di grandi successi. Succede anche questo. A Torino.

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