(La recensione potrebbe contenere anticipazioni)
Raccontare una storia d'amore non convenzionale, a costo di risultare per lunghi tratti non comprensibile. Il film di Ildikó Enyedi chiede credito allo spettatore, lo porta quasi a spasso, per sondare due esistenze agli antipodi.
La precisione da androide di Mária è solo l'espressione più superficiale di una incapacità di vivere, di una verginità dei sentimenti e delle emozioni. I modi sbrigativi e pragmatici di Endre nascondono un disincanto totale nei confronti della vita, un trascinare la propria esistenza senza coltivare più la speranza di sentimenti fertili verso gli altri e se stessi.
Il loro incontrarsi come colleghi al mattatoio rivela ben presto un collegamento magico, un ponte onirico nella forma di due meravigliosi cervi. Poi la narrazione scorre algida ancora per un bel po', tenendo i due binari paralleli per lungo tempo. E in quei percorsi che non si riescono ad avvicinare c'è tutta l'incomunicabilità dell'amore: sia per un disincanto dato dall'aver vissuto troppo, sia per un'incapacità data dal non aver vissuto mai veramente.
E da questo punto di vista il film dice molto. Dice gli imbarazzi inesauribili dei sentimenti e del loro emergere, il loro lievitare dal cuore e dall'anima per arrivare in qualche modo alla testa, alle labbra, per trovare espressione verbale. Gli intoppi possono essere dietro ogni angolo, gli ostacoli possono emergere o affondare in qualsiasi momento. Perché la vita reale è ben diversa da quel sogno candido, dove i cervi non hanno bisogno di parole per amarsi, per condividere l'acqua dissetante del ruscello.
L'uomo non può evitare le complicazioni, gli entusiasmi eccessivi e le depressioni più nere di fronte a una singola frase, magari avventata. Tra la tragedia e il paradiso c'è un bivio minimo, basta una deviazione quasi impercettibile data da parole giuste o sbagliate.
La forza del lavoro di Enyedi sta anche e soprattutto nell'evitare qualsiasi topos amoroso, nel delineare uno scenario totalmente privo di romanticismo e dolcezza, eppure infinitamente più romantico di quelli che lo mettono in evidenza. Perché questi sono i sentimenti di chi, per motivi opposti, sembra impermeabile a ogni solleticamento del cuore. Lo spettatore annaspa, disorientato quasi, perché al germogliare dell'amore non corrispondono dei comportamenti particolarmente coerenti (e standardizzati) nei due protagonisti. L'anima viaggia veloce mentre il corpo resta quasi impassibile, inespressivo come quello di un androide. Mária e Endre sono diventati degli automi, per cause opposte. Il loro percorso di ritorno all'umanità sarà travagliato.
7+
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