Uh-oh! Ci fanno notare che questa recensione compare anche (tutta o in parte) su metalitalia.com
Per la prima volta dal 1998, anno di uscita dell’immortale “The Sound Of Perseverance” dei Death, chi scrive riesce finalmente a sentire la stessa passione, le stesse idee e lo stesso gusto musicale che contraddistinse quel mastodontico lavoro.
Ad avere l’enorme pregio di resuscitare un fantasma ingombrante come quello di Schuldiner è una piccola grande band aostana di nome Illogicist, che già aveva stupito ed esaltato con il precedente “Subjected” e che ora, con questo “The Insight Eye” raggiunge la piena maturità artistica.
Di gruppi che hanno preso come modello i Death se ne contano a centinaia, alcuni inascoltabili, altri molto più originali degli Illogicist, altri ancora delle mere fotocopie senz’anima: i ragazzi invece, pur facendo aderire perfettamente la loro proposta su quella del combo floridiano, riescono comunque a rimanere credibilissimi, grazie ad un songwriting che non si limita a scopiazzare qua e là, ma riparte laddove i maestri si erano fermati. Forti di un lavoro di batteria strepitoso, ad opera di Marco Minnemann, già nei Necrophagist e di un duo chitarristico di tutto rispetto formato da Diego Ambrosi e da Luca Minieri (anche singer), i ragazzi sfornano un lavoro dove il mostruoso lato tecnico non prende mai il sopravvento lasciando che le tracce godano di una certa fluidità. Questo permette alle composizioni di entrarti subito nella testa e, allo stesso tempo, di mantenere una profondità fuori dal comune, frutto di un riffing sempre complesso, a volte disarticolato e di un sound dissonante ma mai fastidioso. Da segnalare il passaggio di Minieri dal growling allo screaming, per accentuare ancora di più la volontà di porsi totalmente nella scia dei Death. Peraltro la scelta è stata particolarmente azzeccata, anche se qualche passaggio in growl a tratti ci sarebbe stato bene, per accentuare di più la violenza sprigionata dalla musica. Ottima anche la prova di Emilio Dattolo al basso che, seppure a volte sacrificato dalla produzione, riesce a legare molto bene l’anima ritmica a quella solista. Abbiamo accennato alla produzione: ebbene, pur non essendo perfetta risulta comunque di tutto rispetto.
Volutamente non abbiamo nominato nessun brano in particolare, perchè la qualità media è davvero molto alta e l’album deve essere ascoltato e capito nella sua interezza, pur nelle difficoltà che tale scelta implica. Per questo bisogna avere pazienza, bisogna dedicarsi all’ascolto con attenzione e non con superficialità per apprezzare appieno le sfumature di un sound molto difficile. Non crediamo di potere parlare di capolavoro, termine fin troppo abusato negli ultimi anni, ma questo è un album molto ma molto buono che deve assolutamente portare alla ribalta il nome degli Illogicist: in questo momento se lo meritano più di chiunque altro.
Ok, non mi sono puntato sulla scorrevolezza né sulla sinteticità, ma non sapevo come esprimermi altrimenti!!! XD
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