"Curiosity killed the cat" e' un noto detto anglosassone per esprimere la fine di una grande aspettativa che può animare non solo un gatto ma anche un essere umano . In questo caso, da cui trae spunto la mia recensione del film "DAU. Natasha", fortunatamente non ci è andata di mezzo la mia pelle , ma certamente il battage pubblicitario precedente l'uscita del film mi aveva fatto pensare ad un'opera intrigante ma così non mi è parso.

Intanto va premesso che i due registi della pellicola (Ilya Khrzhanovsky e Jekaterina Oertel) erano partiti nel 2006 con grandi progetti del tipo una biopic dello scienziato russo Lev Landau vissuto nella Russia sovietica ai tempi di Stalin. Per far ciò i due, grazie ad opportuni finanziamenti, hanno ricreato il Dau Institute su una superficie di 12000 mq in Ucraina e qui hanno girato un filmato di complessive 700 ore. Non solo , il personale impiegato in tale impresa (per lo più attori ed attrici non professionisti) ha lavorato e vissuto in questa specie di cittadella (come una Cinecitta') per 3 anni di fila, esattamente come ai tempi della Russia stalinista e senza mai staccare dal luogo di lavoro . A pensarci una vera e propria impresa folle, manco fosse una condizione di lavoro semi schiavistico e comunque sulla falsariga di un "The Truman show " in salsa sovietica.

Detto questo sul suddetto faraonico progetto iniziale, al festival di Berlino del 2020 è stato presentato il film "DAU . Natasha " che costituisce solo uno spicchio dell'impresa titanica (e pertanto altri lungometraggi arriveranno legati all'idea di partenza) . Il film è incentrato sulle gesta di questa addetta mensa (Natasha) in un istituto di ricerca scientifica quando la Russia stalinista privilegiava gli operatori scientifici . La donna non se la passa proprio bene in simile angusto ambiente, alle prese con cibi appena passabili e con la giovane collega Olga con cui non mancano screzi e dispetti di vario genere . In questo grigio tran tran nasce un inopinato trasporto passionale fra Natasha e un scienziato francese ospite nell'istituto ma ben si sa che in certi ambienti perfino i muri hanno le orecchie. La malcapitata se la dovrà vedere con un rude agente inquisitore del Kgb che, limitandosi a farle vedere cosa potrebbe subire qualora non collaborasse, la costringe a redigere una denuncia scritta (del tutto infondata) contro l'amante francese e a dichiararsi disponibile ad informare il Kgb su elementi e fatti sospetti.

Cosa non funziona completamente nel film? A mio avviso, la sceneggiatura si dilunga fin troppo sui battibecchi fra le due donne (un po' come fossero pettegolezzi fra comari), tralasciando altri personaggi in scena che non sono adeguatamente presentati sotto varie angolazioni psicologiche. E infatti mi pare machiettistico presentarli come fossero soprattutto attaccati alle gozzoviglie alimentari e dediti a trincare litri di vodka (sì siamo in Russia ma si tratta pur sempre di scienziati ..). Solo nella parte finale (dopo un'ora e mezza di film) si riprende quota con l'interrogatorio, subito da Natasha, da parte del funzionario Kgb . Qui, se già l'atmosfera generale era grigia, si respira proprio un clima plumbeo da inquisizione angosciante (tipica di tutti i regimi dittatoriali) a cui non si scappa e che coarta la volontà degli inquisiti (se questi preferiscono la sopravvivenza alla morte. .) .

Per le condizioni generali in cui è stato girato il film direi che impressiona come il discrimine fra finzione cinematografica e realtà sia pressoché impalpabile. Non mancano scene forti durante l'interrogatorio prima citato e l'attrice che impersona Natasha viene costretta a denudarsi completamente e ad infilarsi il collo di una bottiglia di vodka nella figa. Per non parlare poi della lunga sequenza in cui la protagonista si accoppia selvaggiamente con lo scienziato francese :qui non c'è nulla di mimato, è film porno allo stato puro . Ma con un'avvertenza per i patiti del genere "sesso e carnazza" : la Natasha in questione non ha un corpo ben messo, è magra ed ossuta, con le tette penzule. Non fatevi quindi tanto trarre in inganno dalla locandina cinematografica qui acclusa, per il semplice fatto che troverete scene di nudo desessualizzate. Come a dire che non c'è molto di arrapante per lo spettatore in cerca di emozioni forti.

Semmai il punto di forza della pellicola è costituito dalla percezione, nello spettatore, di aria stantia negli interni in cui si svolge l'azione . In quella mensa, tanto per dire, il piatto forte risulta il pesce essiccato accompagnato da litri di vodka. E mi pareva proprio di avvertire il tanfo in un ambiente così malmesso e rancido al punto da avvertire una sensazione di claustrofobia. E non esagero dicendo, in conclusione, che non mi era mai capitato di uscire dalla sala di proiezione e di respirare sollevato e lieto a pieni polmoni l'aria esterna al locale. Certo è pur sempre l'aria poco salubre di Milano ma vuoi mettere con quello che si respirava usualmente nella Russia sovietica ?

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