Mi accingo a scrivere questa recensione con un forte amaro in bocca per una band che avrebbe potuto essere qualcosa di importante, ma che invece non ha saputo mantenere le promesse del primo album, uscito nel 2012: "Night Visions", che era riuscito, nonostante qualche canzone un po' troppo pop e radiofriendly, a diventare un lavoro notevole nel campo dell'Indie Rock. Poi, a tre anni di distanza, "Smoke and Mirrors", tanto fumo, appunto, e poco, davvero poco arrosto; da subito è sembrato il manifesto dell'aspirante alt-rock band che si svende per continuare a ottenere notorietà nel mondo dell'Indie, ormai diventato un mero sotto genere dell'elettropop da classifica. E, come se questo non bastasse, gli Imagine Dragons si mettono a collaborare con artisti lontani anni luce dal loro stile, come Wiz Khalifa in "Suckers For Pain". Ed ecco "Evolve", a cinque anni di distanza dal disco d'esordio, che completa la frittata-pop, un'album senz'anima, solo canzonette fatte per entrare in testa ed essere canticchiate ogni 2 minuti, uno "strazio" (musicalmente parlando, durato 11 canzoni!) per chi li ha seguiti dal principio. L'unica nota lieta rimasta è la potente voce di Dan Reynolds che ben si adatta a un mare di sintetizzatori e automatizzazioni.
In definitiva una semplicissima pop band che ha deciso di seguire le orme di altre pop band di grande successo (si vedano gli One Republic) che si spacciano per rock ma che di rock non hanno proprio nulla se non qualche schitarrata che ogni tanto risalta fuori, scopiazzata di qua e di là (in "Walking The Wire", per esempio, vengono ripescati gli U2).
Che dire, quest'album, a mio modo di vedere, dovrebbe chiamarsi "Regress", come il cammino degli Imagine Dragons finora, ma tanto, finché stiamo criticando quest'album da pubblicità dei coni gelato, ci sarà qualcuno in giro per il mondo che starà scaricando l'esotica "Thunder" o "Believer", il clone malriuscito di "Radioactive" e che metterà queste tracce in cima alla playlist o che, addirittura, acquisterà l'album spacciandolo per l'ennesimo capolavoro di una formazione che è maturata e rappresenta il meglio dell'Indie contemporaneo.
Il brano-simbolo dell'album è "Whatever It Takes", una banalissima e depressa ballad elettronica che sentiremo suonare in radio innumerevoli volte quest'estate.
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