Premetto che questo è uno dei pochissimi album che ho comprato senza ascoltare, a scatola chiusa, se vogliamo dirla così... Mi sono trovato ad ascoltare un disco fondamentale e, a mio avviso, imperdibile.
Il disco si apre con un intro molto breve ma che lascia presagire il contenuto del lavoro: una gelida brezza geme in sottofondo mentre Abbath (il cantante) declama accompagnato da una chitarra classica, un buon inizio, non c'è che dire.
Nemmeno il tempo di fermarsi un attimo e parte la prima vera canzone dell'album, "The Call of Wintermoon": batteria martellante e qualche urlo di "preparazione", quando comincia il cantato il ritmo si placa un po' ma ci pensa un assolo di Demonaz per rialzare il tiro ed ascoltare la chiamata della luna invernale...
Stesso discorso vale anche per la successiva "Unholy Forces of Evil", il cui schema ricalca molto la canzone precedente senza però assomigliarle melodicamente e quindi senza sembrarne una copia.
Ciò che viene dopo "Cryptic Winterstorms" è a mio avviso la canzone più bella dell'album: una solitaria chitarra classica che viene poi accompagnata e sostituita da basso, chitarra e batteria per poi rispuntare ad ogni ritornello (mai più da sola però) mentre Abbath, in pieno growl nella migliore tradizione black metal, ci informa (per dirlo con parole sue) che "il plenilunio è al culmine".
La segue "Cold Winds of Funeral Dust", una canzone che si snoda abbastanza tranquillamente, tra una risata malvagia di Abbath e qualche rullata di Armagedda per poi accelerare improvvisamente verso la fine, cogliendo impreparato l'ascoltatore.
"Blacker Than Darkness" parte invece con un ritmo incalzante e lo tiene fino alla fine, stupendo come Abbath ripete malvagiamente il titolo della song nei ritornelli.
L'ultima canzone, "A Perfect Vision of Rising Northlands" vede il ritorno della già sentita chitarra classica a cui spetta l'incarico di aprire le "danze", un tagliente riff irrompe e la fa tacere accompagnato da un basso che purtroppo si sente poco (come in tutto il disco del resto) ma da un drumming efficace, il tutto "condito" da un lieve coro (almeno questo sembra) che crea l'atmosfera giusta. Verso la fine torna la chitarra classica da sola ma viene nuovamente interrotta con l'ausilio stavolta anche di una tastiera veramente azzeccata. Un ultimo assolo di chitarra classica chiude il "Diabolico misticismo del plenilunio".

Era il 1992 e questo esordio degli Immortal (giovanissimi all'epoca), oltre ad aprire una brillante carriera per il gruppo, aprirà anche la strada a molti blackster, non solo norvegesi. Da avere.

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