Quando Imogen Heap si mette a lavorare a un nuovo album, si sa, non si fa certo problemi a prendersi i suoi tempi, tanto che sorge spontaneo chiedersi quando e se i suoi progetti successivi a quelli appena pubblicati vedranno mai la luce: era accaduto già con "Ellipse" del 2009, uscito quattro anni dopo "Speak for Yourself", che già distanziava il suo vero debutto da solista "iMegaphone" di ben sette anni, ed è nuovamente accaduto con "Sparks", disco dalla lavorazione quantomai lunga e particolare per diversi motivi. Ai fan della cantante veniva infatti concesso di seguire passo dopo passo l'evoluzione delle singole canzoni, che in teoria avrebbero dovuto essere pubblicate a scadenza regolare una ogni tre mesi, tempo che si è poi ovviamente dilatato e non ha coinvolto tutta la tracklist di "Sparks", un po' per evitare di trasformare il progetto in una sorta di greatest hits più che in un vero e proprio album, un po' per motivi prettamente tecnici: il disco nasce infatti come frutto di un lungo viaggio che Imogen ha compiuto attraverso l'Asia, oltre che di esperienze di vario tipo che l'hanno ispirata nel comporre e nello sperimentare nuove tecnologie di registrazione, tutti fattori che hanno finito con il rimandare l'uscita dell'album, che in teoria sarebbe dovuto nel settembre del 2012. Ne sarà dunque valsa la pena? "Sparks" sarà infine valso tutti questi anni d'attesa?
Senza indugiare troppo, si può affermare con tranquillità di si. Perché è vero, anche questo album, come il precedente "Ellipse", soffre un po' del lungo periodo di lavorazione, risultando forse fin troppo limato in ogni suo aspetto: non c'è infatti un vocalizzo, un suono, qualunque cosa che sia fuori posto. Qui però, rispetto al predecessore del 2009, la sperimentazione e l'utilizzo di particolari strumenti musicali e suoni donano una sferzata di spontaneità che fanno sembrare il tutto meno artificioso di quanto ci si potrebbe aspettare e tra registrazioni audio in 3D ("Propeller Seeds", da ascoltare rigorosamente con le cuffie!), atmosfere campionate dal sapore orientale (le strumentali "Cycle Song" e "Climb to Sakteng") e speciali guanti che trasformano chi li indossa in un arpeggiatore umano (i Mi.Mu Gloves che si possono sentire in "Me the Machine") c'è davvero di che stupirsi a ogni singola canzone e relativo video. Che dire poi dei pezzi in sé? Niente, se non che Imogen non ha perso il suo tocco nel creare musica intima e avvolgente con la sua raffinatissima e sempre presente elettronica (ascoltare a tal proposito la bellissima "Entanglement"), dimostrando che il progetto non è solo fuffa, ma oltre all'impiego di modalità di concezione e composizione per certi versi innovative e originali c'è della sostanza e pezzi come la tribale "Minds Without Fear", la magica "The Beast" e la movimentata "Xizi She Knows" (per la cui realizzazione sono stati posizionati microfoni in tutta Hangzhou, registrandone la vita nell'arco di un giorno) sono lì a dimostrarlo, così come la splendida "You Know Where to Find Me" e la sussurrata "Neglected Space".
Nel caso non lo si fosse capito, "Sparks" è dunque un disco da ascoltare per intero, dalla prima all'ultima traccia, senza saltarne alcuna, dato che tutte meritano e dietro quasi ognuna di esse ci sono modi di concepirle che potrebbero fare la storia come passare di moda a breve, ma, considerato quanto la Heap segua costantemente e appassionatamente le evoluzioni tecnologiche in ambito musicale, c'è da stare sicuri che non passeranno inosservate. Chi invece vuole ascoltare semplicemente un album formato da canzoni belle aldilà di tutto questo si troverà comunque tra le mani pezzi ottimamente arrangiati e scritti e splendidamente interpretati da una delle artiste più particolari e meritevoli attualmente in circolazione.
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