Gli Imperia, da sempre noti come progetto personale della cantante Helena Iren Michaelsen (ex Trail Of Tears), sono balzati agli onori della cronaca più per il prorompente aspetto fisico di quest'ultima che per la musica da essi suonata.
In effetti, il precedente album "The ancient dance of Qetesh" (2004) non era altro che una fragile confettura di cliché (vedi itinerari orientali ed orchestrazioni strampalate profuse qua e là senza la minima raffinatezza); che le cose avrebbero seguito questo iter si poteva facilmente intuire. A tre anni di distanza dall'indecoroso esordio e dopo l'estemporanea parentesi del progetto solista Angel (con l'album "A woman's diary part I" del 2005), si presenta come una manna dal cielo un'ottima occasione di riscatto per la bellissima singer olandese e per la sua creatura. Forti di una line-up rinnovata (nella quale possiamo scorgere anche quella vecchia volpe di Jan Yrlund, un veterano del metal sinfonico) e di un contratto con la parallelamente ravvivata label Massacre Records, gli Imperia si riaffacciano sulla scena con un album che si pone perfettamente in linea con le ultime release dei connazionali After Forever e Within Temptation.
"Queen of light" si presenta come un'opera mastodontica (la sua durata sfiora i 64 minuti), curatissima sotto ogni aspetto, a dimostrazione di uno stile evoluto e finalmente intelligente, che rispetto a quello delle band sopraccitate (sicuramente più osannate da critica e fan), consta (o si pregia, dipende dai punti di vista) soltanto di una minore orecchiabilità. Il sound degli Imperia è per questo un po' diverso da quello a cui siamo stati abituati, ma pur sempre maestoso, coinvolgente ed in grado di trovare il giusto equilibrio tra ogni sua componente; una dolceamara miscela di contrasti che non mancherà di stupire anche coloro che avevano pensato che l'ultimo degli After Forever fosse il disco "definitivo" del metal sinfonico. C'è ancora da perfezionare la componente chitarristica, ma ciononostante non pensate di trovarvi di fronte ad un album fiacco come molti di quelli che hanno invaso il mercato negli ultimi anni.
L'opener "Mirror" è piuttosto regolare, ma la successiva "Fly like the wind" (la prima vera canzone a mostrare soprattutto le grandi capacità stilistiche della cantante) dovrebbe essere esplicativa a questo proposito. Uno sferzante metal ad alto tasso melodico abbraccia orchestrazioni epiche in maniera colta e spontanea, senza mai eccedere in pretenziosità. Anche in territorio ballad i nostri sanno muoversi egregiamente; "Broken wings", inizialmente corredata da orchestrazioni e pianoforte che si uniscono poi al tempo scandito dalla batteria e ad un cantato pacato, si dirama attraverso un refrain carico di pathos (il quale diventa sempre più lirico nel progredire del brano), e sfocia in un bridge da pelle d'oca (impreziosito da un assolo che potremmo definire dolce ed armonioso), chiudendo con un finale di pura malinconia. È da notare come la durata dei brani risulti piuttosto lunga rispetto agli standard; questo fattore, sommato ai numerosi cambi di tempo, dimostra che l'intento di piazzare una hit da classifica non ha nemmeno sfiorato la mente di questi artisti, i quali potrebbero dunque essere graditi anche da un pubblico esigente come quello prog.
La voce di Helena è superba e ben al di sopra la media, supera di gran lunga quella di numerose colleghe e, grazie ad un'inconfondibile versatilità, non risulta seconda a nessun'altra. L'ennesima prova di quanto appena affermato viene data da "Braveheart", una vera e propria perla: accattivante nelle strofe, esplosiva nel ritornello dall'impatto devastante, lirica e progressiva nelle altre parti. Con "Facing reality" la bionda vocalist decide invece di puntare sulla drammaticità dell'interpretazione, aiutata in questo caso da una sezione ritmica mai invadente e da romantiche note di pianoforte, nonché dall'ennesimo dimesso guitar solo. L'elemento etnico ricorrente nella precedente release non è stato tuttavia accantonato; la band esibisce una maestria innata nel miscelare atmosfere che rimandano a diverse località e culture del globo terrestre. Ma le sorprese non sono finite qui, anche la sfera temporale viene presa in causa, grazie ad un solido ponte che in molte tracce collega antichità e presente. "Norway" rappresenta egregiamente questo concetto poiché riesce ad incorporare elementi nordici e mediorientali nel proprio amalgama, aggiungendo un piccolo cammeo di symphonic black metal con tanto di growl in bella vista; inutile dire che il risultato non delude le aspettative. L'oscurità chiude in una cieca morsa le note di "Abyssum", un'intensa semi-ballad in pieno stile ultimi After Forever, con tanto di voce lirica in primo piano. "The birth of..." è una parentesi mistica ed atmosferica (con tanto di pianto d'infante in sottofondo) strutturata su immensi synth e vocalizzi, che fa da preambolo alla titletrack, la quale esplode immediatamente in un attacco in pieno stile power e consta di un ritornello dai toni arabeggianti. "Queen of light" è l'unica a risultare infine forse anche un po' troppo canonica, ridondante e molto simile ad alcune canzoni degli Epica ("Seif Al Din" ad esempio).
L'estasi sembrerebbe quindi essere giunta al termine, ma è con la tripletta posta in chiusura che la band sfodera i propri assi nella manica. "Fata Morgana" rappresenta l'apice medioevale del platter, grazie al quale Helena riesce a dar sfoggio di un nuovo stile, stavolta molto evocativo e palpabile al contempo, dall'agrodolce sapore folk. Ma è con "The calling" che ci ritroviamo di fronte all'apoteosi della commistione di più stili tanto rincorsa, ma forse mai pienamente raggiunta, dai finnici Nightwish. La Michaelsen si lancia in un'interpretazione imprevedibile, al limite della pazzia e dell'isterismo, macchiando il refrain di un cantato lirico perverso e divino, sporcando un leit motiv che inizialmente sembrava assumere connotati celtici. Musica classica dal feeling epico ed oscuro, voci operistiche, heavy metal, spunti progressive... Tutto questo ritorna ciclicamente in ogni episodio di questo lp, di cui il brano in questione diventa capolavoro e perfetta sintesi della dimensione sonora in esso racchiusa. Sappiate infine che il flavour gotico è stato dosato con il contagocce: le dodici canzoni in scaletta respirano all'unisono in un afflato d'armonia, la stessa che viene diligentemente espressa dalla voce della frontwoman, mai come ora in grado di esprimere il proprio mondo interiore, nel quale la malinconia è un fantasma che aleggia onnipresente nell'etere, ma dove la depressione ed il mal di vivere sembrano solo dolorosi e lontani ricordi (ecco forse spiegato il titolo, che soltanto metaforicamente allude ad una sfera mitologico-esoterica), come quelli che emergono in "Missing you", brano che non sfigurerebbe nemmeno in un disco dei Dark Sanctuary, drammatica cornice nella quale ancestrali vocalizzi ed onirici sussurri sposano il novembrino pianto di un violino.
"Queen of light" è l'ennesimo ottimo lavoro di una scena sempre più ispirata e convincente, il quale rischia tuttavia di essere trattato con sufficienza solo per essere arrivato dopo, da un pubblico che forse è più propenso a seguire band pubblicizzate (ricordo che i più illustri colleghi degli Imperia hanno contratti discografici di grande peso mediatico) che a valutare l'effettiva qualità di una proposta. Se i Within Temptation diventano sempre più diretti e passionali, e se gli After Forever ammodernano il genere mettendo sempre più carne al fuoco (a volte anche troppa), gli Imperia si pongono esattamente a metà strada tra questi due gruppo (soltanto con una piccola dose di intuizioni in più, potremmo ritrovarli un giorno sulla bocca di tutti), grazie anche all'operato di un'artista tonica ed elegante, intrigante e multisfaccettata come Helena, colei che più di ogni altra è riuscita ad imprimere un ulteriore ed inconfondibile tocco di femminilità ad una musica altrimenti difficilmente distinguibile.
"Queen of light" è dunque la migliore occasione per leggere nelle pagine del cuore di questa donna e per trovare un po' di luce nell'oscurità che giorno per giorno si impossessa e fa preda della nostra vita.
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