H.I.V.: Parade dei pugliesi IMPURE DOMAIN, è un capolavoro del metal d’avanguardia Italiano.

Nascosti nel sottobosco dell’underground made in Italy, gli Impure Domain nascono nel 1998. Dopo aver esordito nel 2000 con “Progression Of Impurity” (full length assai raro da trovare ai giorni nostri), abbracciando gli stilemi di un feroce ed incontaminato Black Metal, decisero due anni dopo di osare e sperimentare e così nacque “Vivere Di Male/The Evil Within”, gemma embrionale che introduceva nella musica dei nostri influenze provenienti dall’Elettronica più violenta, dal Death Metal e dalla Noise Music.

Il passo decisivo però lo fanno con H.I.V.: Parade. Uscito nel 2004, questo disco si compone di 14 perle di squisita genialità, in cui l’Extreme Metal più viscerale abbraccia tante e numerose influenze. Facendo a meno di un batterista e sostituendolo con una ferale e mitragliante Drum Machine, gli Impure Domain danno alla luce un disco che è così colmo di suoni, dissonanze ed esperimenti al limite del maniacale che, durante l’ascolto ci si trova catapultati in un viaggio tra i buchi neri, tra le galassie più remote. I battiti del rullante così sparati fungono da instancabile motore di un disco che pur essendo multi contaminato, risulta un monolite sonoro così invalicabile e così uniforme che basta anche solo il primo ascolto per venir travolti da una pioggia di densa e statica elettricità che vi lascerà progressivamente fulminati.

L’incedere spaccaossa di questo manipolo di 14 incazzatissimi cyborg ha con se un arsenale che, italiani esterofili a parte, combatterebbe a occhi chiusi con ben altre e più blasonate realtà europee. Perché sì, gli spunti forti di questo disco sono tanti ed importanti. A cominciare dalla voce del vocalist Angy, un'ugola versatile che rantola in tanti modi diversi ed è abile a narrare e a recitare le varie parentesi del disco intrecciandosi inoltre, in certi momenti, con voci femminili; gli strumentisti, Mikheil, Xhela e Psykoblaster, talentuosi ed efficaci nell’abbordare i nostri padiglioni auricolari con tecnicismi, ritmiche thrash, uragani in tremolo picking in puro stile Black e assoli al vetriolo; le liriche fedelissime al nichilismo più contorto e duro passando per Celine e Cioran; l’utilizzo di tecniche intelligenti per la narrazione del disco quali il cut-up di William Burroughs, che consiste nel ritagliare parti di testo, rilegarle senza filo logico e allo stesso tempo donando loro un nuovo (e contorto nel caso degli Impure Domain) significato. Il tutto coadiuvato da una produzione gelida che contribuisce a rendere ancora più meccanica la proposta musicale del combo Italiano.

Il primo sintetico battito d’ali lo da l’elettronica “R.N.A. : The Triumvirate”, sputo in faccia ai blackster più conservatori, manna dal cielo per chi (come me) rifiuta le barriere nella musica. Segue il trittico “Nihilistik”, “Diable Deluxe Vs. Gaz Inchristique” ,“ Scanners Ov System_Gott”, tre scaglie acuminate che si infilzano nelle nostre sinapsi e le contaminano a colpi di beats Gabber Techno, vocals robotiche/in screaming/gutturali, synth spettrali e riff prima precisi e serrati e via via sempre più deviati e malati; da brividi le atmosfere futuristiche che gli Impure Domain riescono a comporre, assimilando disparate influenze ma senza emulare i campioni del genere e anzi, risultando loro una nuova e sorprendente, e purtroppo sottovalutata, realtà. Ci pensa “Orbital Betrayal” a farci respirare un po’, se non fosse che ciò che respiriamo sono petroliferi fumi inquinati. Petroliferi fumi inquinati che ci trascinano alla metà del disco dove la strumentale “Martyrdom Capsule” ci mostra l’assoluta creatività di questi musicisti, e l’abilità di creare pathos con un genere così ostico e difficilmente assimilabile.

Ancora “Lasertron Rebellion”, possente e sferragliante come un panzer Tiger I ci sconvolge con continui cambi di tempo bagnati di colate di lavico Death Metal e trovate praticamente fantastiche come il finale in cui Angy con la sua voce fa di tutto. Rieccoci all’interno di un rave all’inferno con “Visionoir of The Grotesque”, in cui una marziale Drum Machine si sposa con placidi e sognanti synth che destabilizzano sempre più l’atmosfera negativa del disco, e donano un tocco ancora più maligno sempre dettato dalla straordinaria prova del singer. Si torna a picchiare con “Biotech 8” che collegata dalla breve e industriale “Weirdoutovhand” alla martellante “Kaos Mit Uns”, ci avvicina alla parte finale del disco, la più intensa e sperimentale, l’ultima pioggia di meteoriti prima del vuoto più assoluto. Una pioggia elettronica e sempre più eclettica decostruita in tre tracce: “Digitform Cephalgia: Stuffed Cranium Lab.”, “The Endmost Pitch” e la lunga ed ipnotica “Mistrial”. Non c’è una traccia migliore dell’altra, non c’è un calo, non c’è un riempitivo.

H.I.V.: Parade va preso così com’è, un bruciante viaggio cosmico nell’apocalisse artificiale dove le macchine  hanno deprogrammato e distrutto il genere umano, e questo disco ne è la degna colonna sonora. Iper consigliato ai più open-minded e a chi ama la musica estrema più sperimentale e avanguardistica. E ancora a chi vuole conoscere e supportare con criterio la musica Italiana più underground. 

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