Gli In Flames rappresentano oggigiorno uno dei simboli dell'inspiegabile discordia imperante nelle ottuse opinioni di molte delle così chiamate "metalheads".
Tanto odiati per via di uno sperimentalismo spiazzante, ma anche idolotrati per la medesima ragione, gli svedesi si sono sempre distinti per una ricerca sonora volta ad aprire nuovi orizzonti musicali, pur sfruttando patterns comunque appartenenti ad acts simbolo del genere qui proposto. Ed in fondo, non vi e`nulla di male in tali scelte, perchè noi tutti sappiamo che, in un modo o nell'altro, "everything belongs to something".
Questo prezioso mini album, pubblicato in un originale shape-format, servì da taster per quel ineguagliato capolavoro dalle melodie cariche di amarezza ed energia al nome di "Whoracle". Nell'opener "Goliaths disarm their Davids" Strömblad e soci ci deliziano con una cavalcata dotata di ritmi catchy e melodie irrefrenabili. Introdotta dalla brillantezza di docili tastiere, si allunga in un solo di reminicenza heavy-power seguito dallo screaming intonato dell'ottimo Friden. La piacevole "guerra" sonica nelle twin guitars scorre gradevole ed elegante ove le ritmiche di Gelotte si dilatano semplici ed incalzanti.
Davvero il senso del "groove" e dell'immediatezza rappresenta il punto di forza dei nostri. "Gyroscope" si lascia andare ad un giro acustico suadente prima di esplodere in un mid tempo assai armonico. Ancora una volta il singing lacera teatrale, unendo grunts acidissimi ad un tono che, a tratti, sconfina in un approccio più cupo e gutturale. L'ossessione folk del primo periodo della band ci addolcisce in "Acoustic medley", breve episodo tra docili chitarre classiche riprendente le leads melodiose di "Artifacts of the black rain" del precedente "The Jester race". Sognante antipasto della tempesta conclusiva.
La track di chiusura, infatti, si rivela essere la versione "live" di uno degli inni più amati dal combo. Mi riferisco all'abrasiva "Behind space" del debutto "Lunar strain", qui proposta in una versione di straripante potenza e malvagità.
Il rifferama "brucia" agile e preciso, gli shrieks di Anders sono fendenti di brutalità ferale mentre l'assalto ritmico brilla di dinamismo black-death ('At the Gates' as usual..)
Un mini rappresentativo dell'evoluzione costante nel suono dei nostri che aprirà nuovi orizzonti, ingraziandosi l'opinione dei medias e dei fans famelici di sonorità melodiche dopo l'assalto death scandinavo dei primi nineties. Di classe.
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