Se parliamo degli In Flames, a tutti gli amanti del genere vengono in mente 3 albums: il debut album (con sonorità spesso al limite con un black metal melodico e a tratti con accenni a canzoni folk svedesi), il mitico “The Jester Race” e ancora l’altra perla di bellezza della loro discografia, cioè “Whoracle”.
Tanti, forse troppi, considerano invece “Clayman” un album non all’altezza del passato della band. Io dico invece che il passaggio tra "Colony" e "Clayman" è quasi indolore, nel senso che ne è l’esatta prosecuzione sia come musica che come parti vocali, votate alla melodia e all’utilizzo di parti pulite.
E’ vero che con questo album i nostri si avvicinano di più alle orecchie della massa e si allontanano più nettamente dagli albori, ma nonostante ciò la grinta e la velocità sono rimaste quasi invariate. Come invariate sono le parti melodiche, migliorata è la produzione, più completa che in passato, poi ancora grande merito va ad Anders che (come a tratti già tentato in passato), propone da questo album parti vocali pulite, in contrapposizione a parti scream cantate sempre con grande perizia e restituendo un’interpretazione ottima.
Per quanto riguarda le canzoni, non posso non citare le migliori. La opener Bullet Ride con il suo bellissimo incedere veloce, che lascia spazio alla voce pulita di Friden per poi mantenere un ritmo più cadenzato e che si lascia ricordare facilmente. Altre due perle di rara bellezza sono i due brani seguenti "Pinball Map" e la mitica (immancabile in sede live) "Only For The Weak". La prima inizia veloce e con un riffing splendido, il ritmo è trascinante e ci entusiasma per tutta la canzone, splendido il break centrale. Il mid-tempo di "Only For The Weak" (probabilmente il miglior brano del lotto) è costruito su un riff principale molto orecchiabile e condito con accenni di tastiere nel ritornello. Ritornello che chiama l’ascoltatore ad alzarsi in piedi, saltare e cantare a squarcia gola. Canzone validissima e sicuramente ai primi posti dell’intera discografia, come gradimento da parte dei fans.
Altro splendido brano è “Square Nothing”, mascherata inizialmente da ballad, si scatena poi con grande goduria di chi ascolta che ha solo il sentore che si potrebbe scatenare, ma che quando lo fa sul serio è quasi come se Friden e soci liberassero una forza che è stata tenuta a bada per un po’ , ma che poi non si può trattenere ed esplode. Tutti i restanti brani hanno un grande valore assoluto, ma sottolineo in particolare la title track e ancora "Brush The Dust Away", "Suburban Me" e la conclusiva "Another Day In Quicksand" tutte caratterizzate da riff stupendi e ritornelli energici.
La sezione ritmica in tutte le canzoni è ben in evidenza e il tiro delle parti veloci non cala mai se non quando interviene un break melodico o un assolo di chitarra.
In definitiva un album più “moderno” dei precedenti, che raccoglie consensi da un pubblico più ampio e meno fazioso, ma che non è un album commerciale (come molti sostengono), semplicemente è un album molto carico sia di parti death/thrash che di parti melodiche, ma anche orecchiabile, e onestamente, lasciatemelo dire, non ci trovo nulla di male nel fatto che sia orecchiabile e l’orecchiabilità secondo me non lo fa diventare “di diritto” un album commerciale.
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