Species come and go, but In Flames stand forever fast.
Parafrasando il testo di una delle loro canzoni più note si potrebbe riassumere così la carriera del quintetto di Gothenburg, che ha saputo rinnovarsi disco dopo disco aggiornando i dettami di un genere (il melodic death metal) che loro stessi hanno contributo a rendere popolare in tutto il mondo.
La prima svolta stilistica arriva proprio nel 1999 con questo "Colony" in cui i nostri, reduci dal successo di "The Jester Race" e "Whoracle", si presentano con una line up rinnovata (Peter Iwers prende il posto di Johan Larsson al basso mentre Bjorn Gelotte si dedica esclusivamente alla sei cordo cedendo il posto dietro al drumnkit al nuovo arrivato Daniel Svensson) e con un nuovo sound, in cui le atmosfere folk degli esordi sono stati sostituiti da tastiere e synth: il risultato di questa mutazione, che sarà poi portata avanti con successo nei lavori seguenti, è un disco potentissimo e all'avanguardia, vero e proprio precursore dell'ondata metalcore degli anni seguenti.
Per capire che ci si trova di fronte al'ennesimo capolavoro è sufficente ascoltare il trittico di apertura: Embody the Invisible è semplicemente una delle migliori canzoni partorite dalla penna di Jesper Stromblad (un capolavoro di potenza e melodia che proietta nel terzo millennio il Maiden-sound degli anni '80), mentre con Ordinary Story vengono utilizzate per la prima volta le cleaning vocals, per un mid-tempo di rara bellezza ancora oggi considerato tra i classici della band; a chiudere in bellezza il tris ci pensa Scorn, altra mazzata in pieno swedish death style che non lascia prigionieri.
Si torna su atmosfere più cadenzate con la title-track Colony, altro mid-tempo dalle atmosfere post-futuriste, cui fa seguito la veloce Zombie Inc, da annoverare anch'essa tra gli highlights dell'album (ottimo il break centrale con un notevole lavoro in fase solista): dopo cinque canzoni dal piglio decisamente moderno con la sesta traccia interamente acustica Pallars Anders Visa la band sembra voler tornare sui suoi passi, ma è solo un interludio prima della ripresa affidata a Coerced Coexistence, altro up-tempo trascinante da cantare a squarciagola in sede live.
In chiusura troviamo un altro lotto di brani veloci (Resin, Insipid 2000, The New World) che ben figurano all'interno della track-list, tra i quali spicca la rilettura del classico Behind Space, originariamente apparsa su "Lunar Strain" e riarrangiata per l'occasione.
A completare il tutto troviamo l'ottima produzione ad opera dei soliti Fredman Studios ed una copertina indimenticabile del celebre Anders Marshall, degno coronamento di un lavoro che proietta sempre pià il nome degli In Flames (insieme a quello dei "cugini" Dark Tranquillity) nell'olimpo del metal del terzo millennio.
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