Come riprendersi dopo un tracollo iniziato nel 2002 con "Reroute To Remain" e seguito dal piattume di "Soundtrack To Your Escape"? Diciamolo, "The Tokyo Showdown" ha chiuso in bellezza la prima parte della storia degli In Flames, periodo costellato da ottimi dischi che bene o male hanno contribuito insieme ai Dark Tranquillity alla nascita e allo sviluppo del Death Metal Melodico.
Il problema è che nella seconda parte dell'avventura del gruppo Svedese di Death ce n'è ben poco. Trionfano l'industrial, l'alternative e il Nu, trionfa l'influenza del Metal Americano.
Questo "Come Clarity" non si distoglie troppo dalle soluzioni precedentemente adottate, ma indubbiamente si tratta di un buon disco. Sì, il gruppo ne esce bene da quel "Soundtrack" che tanto aveva deluso.
Il sound del disco si presenta fin dalle prime battute aggressivo. La martellata iniziale di "Take This Life" non passa inosservata, così come la prova vocale di Anders Fridén, che (a parte nelle parti clean, sempre molto belle) assume tutti i canoni del cantante Nu-Metal. La prima traccia scorre bene, è pesante e melodica. La successiva "Leeches" si apre con un riff molto elettronico. Anche qui pesantezza e melodia convivono alla perfezione, bella la prova di Fridén e dei chitarristi Gelotte e Strömbland, che inseriscono riff azzeccati.
Solo una parola basterebbe a descrivere "Reflect The Storm": bellissima. Uno dei brani più azzeccati dell'intero lavoro, ritornello fantastico, melodia trascinante e malinconica.
Il trittico di apertura è promosso a voti alti. Si può affermare senza esitazione che il gruppo si è ripreso molto rispetto al vecchio disco. Peccato per la durata breve dei brani ("Leeches" dura appena tre minuti.), ma la cosa non disturba troppo.
Ci avviciniamo alla parte centrale del disco con altri tre brani diversissimi tra loro, "Dead End", "Scream" e la title track "Come Clarity". La prima è una vera perla, dove tra i riff spaccaossa si insediano voci femminili e parti melodiche non indifferenti. La seconda è frenetica e forse più scontata, grande lavoro dei due chitarristi. La title track è una ballata di come ne sono state scritte tante (troppe), ma come tale è anche un bel brano, arricchito da un bell'arpeggio acustico e da una performance vocale intensissima.
Il disco sorprende, non è il massimo dell'originalità, e non si può di certo paragonare a "Jester Race" o "Colony", ma almeno fino a questo punto non delude. Tuttavia i riff di "Vacuum" sanno già di "già sentito" e siamo appena a metà disco. Nulla di nuovo, belle parti melodiche e ritornelli semplici, che entrano subito in testa. "Pacing Death's Trail" non presenta proprio nulla di nuovo (anzi, l'inizio sembra l'esatta copia del brano precedente rallentato), piace di più la successiva "Crawl Through Knives", perfetta sintesi tra melodia e potenza, senza troppa elettronica e troppi fronzoli inutili.
Mancano ancora diverse tracce, ma il disco ha veramente poco da dire ancora. "Versus Terminus" è quasi inutile nella sua banalità, "Our Infinite Struggle" si salva grazie ad una struttura più articolata, mentre "Vanishing Light" è semplicemente noiosa.
La conclusiva "Your Bedtime Story Is Scaring Everyone", oltre ad essere il brano più lungo (e lungo qui è veramente una parola grossa, cinque minuti scarsi.), è anche quello più particolare. Lasciatevi accompagnare dalle delicate linee di tastiera, fino ad un ultimo delirio di potenza.
Una buona prova, per un gruppo che sembrava spacciato. Forse poco originale, e non più Death Metal, questo è certo. La presenza di molte canzoni non lo rende pesante, in quanto la maggior parte dei brani non raggiunge i quattro minuti di durata, più semplicemente non aiuta l'ascoltatore ad indviduare i singoli brani. Sarebbe stato meglio con qualche canzone in meno e una durata media maggiore.
Carico i commenti... con calma