Prima di approdare alla Nuclear Blast gli In Flames registrano questo ep con Henke Forss dei Dawn alla voce e batteristi sparsi fra i quali troviamo anche Daniel Erlandsson che allora militava negli Eucharist: benché si senta ancora che la formazione non è stabile si denota un maggiore feeling fra i musicisti e soprattutto un songwriting più maturo, e conseguentemente canzoni migliori di quello che avevamo ascoltato su Lunar Strain.
La opening track è "Stand Ablaze", che col suo intro di pianoforte ed i suoi riffs meravigliosi ci introduce nella più pura atmosfera nordica, ma il momento dove il pathos sale alle stelle è verso la fine, quando salgono in cattedra i magistrali soli e riffs armonizzati che preparano ad un finale strepitoso: un capolavoro ma non il solo dell'ep. Basti pensare alla successiva "Ever Dying", dotata anch'essa di riffs fantastici, di un intermezzo acustico da brividi e di un solo strepitoso, che conduce l'ascoltatore verso l'outro di chitarre acustiche, da maestri come sempre. Anche la title track "Subterranean" è qualcosa di magnifico dal punto di vista compositivo ed emozionale, ed è fra le canzoni più lunghe mai scritte dagli in flames: cinque minuti e mezzo di puro godimento sonoro.
La seguente "Timeless" è un pezzo acustico strumentale della durata di quasi due minuti, ed è uno di quei brani da sentire al buio, anche se tutto il cd è adatto benissimo ad atmosfere crepuscolari. Quindi si arriva a "Biosphere", brano che presenta un'intro con una melodia magnifica e che, passato questo ci porta ad una serie di riffs dal suono cattivo e nervoso, esaltati dalla voce di Forss: questo è il pezzo più intricato e più complesso da capire, ma che dopo una buona serie di ascolti si riuscirà a comprendere e ad apprezzare. L'EP si chiude con le versioni demo di due brani che faranno parte del successivo The Jester Race: uno è "Dead Eternity", pezzo stupendo che verrà poi reso immortale dalla possente voce di Anders Fridén, allora ancora componente dei Dark Tranquillity, l'altro è la bellissima "The Inborn Lifeless", che altro non è che la versione primitiva di "Dead God In Me". Da avere, ma solo per chi la musica la ascolta col cuore.
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