Esiste un disco, dimenticato da tutti, nel quale si concretizzano tutti i sogni del metallaro dotato di buon gusto. Per nostra immensa disgrazia, i metallari dotati di buon gusto sono terribilmente rari, e spesso le lodi si sprecano nel commentare le più infime porcherie, schiave di quell'immaginario che va dalle peggiori degenerazioni del fantasy al solito esoterismo satanico. Questo disco non contiene nemmeno una briciola di quella pacchianità che caratterizza la musica di troppi gruppi metal, e che si manifesta ancor prima dell'ascolto nelle copertine e nei titoli delle canzoni, spesso ridicoli e puerili come la musica stessa. In Omnio questo non succede, e si capisce da subito che gli In The Woods utilizzano il metal come mero trampolino di lancio verso qualcosa di assolutamente diverso. Questo già accadeva nel precedente "Heart of the Ages", ma ora la trasizione è completa, e qui, fortunatamente, non c'è più traccia di black metal.

Ad aprire il disco sono note di violoncello (ma per carità non fatevi venire in mente gli irritanti Apocalyptica), a cui si aggiungono poi chitarre elettriche, batteria e basso, e lentamente si definisce un tema che viene ripetuto per tutta la lunghissima introduzione. Segue una cavalcata metal abbastanza tradizionale, con doppio cantato maschile/femminile (ad opera rispettivamente di J. Transeth e Synne Diana). L'intermezzo di archi che viene dopo è semplicemente toccante, ed non è pieno di quel compiacimento autoindulgente che ci si potrebbe aspettare da un gruppo metal che si fa accomopagnare da strumentazioni 'classiche'. "I Am Your Flesh" è forse il brano più metal del disco (contiene l'unico growl dell'intero disco, per dirne una), ma possiede anche momenti più dilatati, e la musica accompagna degnamente l'angoscia descritta nel testo. Il brano più breve dell'intero disco, "Kairos!", dominato da un notevole cantato femminile, è quasi una ballata, semplice e perfetta, con chitarre struggenti e un ritmo che cambia da 4/4 a 6/8. E ha un finale che toglie il fiato. Segue "Weeping Willow", brano fantastico, forse il vero capolavoro degli In The Woods. In esso si sente la vibrzione della terra, il pulsare di ogni fibra dell'esistente. È quello che rimane dopo la fine del mondo.

Odio quando le recensioni diventano troppo poetiche, ma per questa volta mi permetto di sgarrare. Il doppio arpeggio di chitarra verso la metà è di una bellezza a dir poco spiazzante per poter essere descritta con la sterile asciuttezza del critico-che-non-si-lascia-coinvolgere. Nella lunga long track conclusiva accade veramente tutto e il contario di tutto. Un commento esaustivo sarebbe probabilmente ridondante e noioso, per cui mi limito a segnalare soltanto quella piccola gemma di psichedelia che divide i due "movimenti" del brano, tributo della band nei confronti di un rock di cui è visibilmente erede. Solenne ma sempre in qualche modo umile, raffinato ma non supponente, "Omnio" è un capolavoro da salutare ogni giorno con commozione.

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