Ci sono concerti che aspetti una vita. "Quello dei Pink Floyd," mi direte voi. Ehm, no. "Di certo i Led Zeppelin?" Neanche. "The Who?" Macché, ho gusti assai meno blasonati. Il concerto che più ho atteso in vita mia, lo confesso, è stato quello degli Incubus. E da una dozzina di anni, per giunta, poiché all'epoca non trovai nessuno che venisse con me, né all'HJF né ai Magazzini Generali di Milano. E neppure nel 2007 li vidi, quando finalmente ero riuscito a prendere il biglietto - sempre per quel di Milano - ma a una settimana dal concerto tour annullato per via di una tendinite di Mike, il chitarrista. Ancora ricordo i bambinelli che scesero alla notizia, avevo il volo già prenotato... un casino. Poi il periodo di hiatus e il dimenticatoio, almeno per me che nel frattempo non ero più ascoltatore assiduo. Quando però ho saputo che sarebbero arrivati a Roma (per la prima volta) non ho potuto fare a meno di farmi prendere dall'amarcord e pagare questi 44 euri 44 per esserci. E poi in fondo l'Ippodromo delle Capannelle mi sta dietro casa. Ippodromo che si è ben riempito attendendo l'ingresso dei nostri. A proposito, mai visto una squadra di backliners più bradipi: tutti ben pasciuti, chissà com'è, si sono intrattenuti sul palco una mezz'ora in più rispetto all'orario previsto per l'inizio del concerto. Avessero dovuto preparare il palco per Bono & co. ci stavano due mesi.
Poi, alle 22.22 il quintetto californiano capitanato da Brèndone Boyd è sceso in campo, e la prima canzone è stata "Nice to know you". Chi ha spiccato da subito è stato José Pasillas, preciso come un metronomo nel riproporre il ritmo vagamente drum n' bass del pezzo. Curioso che suoni messo di lato rispetto al pubblico. L'ottimo Ben Kenney omaggia il pubblico indossando la maglietta dell'Italia, e dj Kilmore dall'alto della sua console scratcha pari pari che su disco (quando lo facevano scratchare). Subito dopo attaccano "Megalomaniac", anche questa eseguita alla perfezione, e poi "Pardon me", che mi ha definitivamente risvegliato i vecchi entusiasmi crossover "de nà vorta". E' resa bella frizzante e funkettona persino quella "Are you in" che dieci anni fa mi aveva fatto storcere il naso: là ho capito che la band era in serata. A momenti sembrava di ascoltarli su disco, anche se Mike Einzinger era abbastanza defilato a destra del palco, e non ha brillato come si aspetterebbe chi segue gli Incubus; niente straordinari per lui.
E poi vabbè, Brèndone. Si aggira dinoccolato sul palco, i capelli lunghi e le movenze che tanto piacciono al numerosissimo pubblico femminile accorso. Ha una bella voce, se la cava davvero. Momenti come "Adolescents" e "Love Hurts" sono fatti apposta per lui, anche se un calo ce l'ha durante l'esecuzione di "Privilege". Ma quanto si piace quest'uomo? Gigioneggia, indugia sulla maglietta, poi se la toglie come da copione. Boato del pubblico rosa, assieme ai vari "Bella Brèndoneeee...", "Arivèstite!" e "Li suoniamo 'sti bonghi?". Durante l'esecuzione della loffia "In the company of Wolves" a me stava anche venendo un po' da ridere: troppi ancheggiamenti, ma d'altronde il pezzo somiglia a una versione caricata di "A whiter shade of pale" dei Procol Harum. C'è da dire che le tre o quattro canzoni dal nuovo album risultano poco incisive anche dal vivo, ma forse servono più da showcase per il pur bravo Brèndone. Che ha pure imparato a suonare la chitarra: in tre o quattro episodi ha imbracciato una Gibson bianca (durante l'esecuzione di "Pistola" in pratica solo per mostrarci quant'era bella) e ha accompagnato Mike, davvero troppo in disparte rispetto al resto della cricca.
La seconda metà del concerto ha visto l'onda soft proseguire con "Drive" - in versione un po' abbassata rispetto a come me la ricordavo - ma sempre emozionante; "Anna Molly", a quanto pare molto apprezzata dal pubblico, e la bellissima "Here in my room". Giusto il tempo perché qualcuno dal pubblico dicesse "Ma nun se poga più?" che la botta di energia è tornata con "Circles" e "Wish you were here", prima del bis con due fantastiche "A certain shade of green" - unico pezzo dall'ormai disperso album S.C.I.E.N.C.E. - e "Sick sad little world", con duetto finale di percussioni tra Pasillas (dominatore della serata) e Brèndone, finalmente ai bonghi per più di trenta secondi. A mezzanotte tanti saluti e ci si rivede alla prossima. Peccato, avrei gradito quel paio di canzoni mancanti, soprattutto dai primi due dischi, vedi "Stellar", "Make Yourself", o "Nowhere Fast", o perché no, "Vitamin"... Magari! Concerto bello, e loro affiatatissimi, si vede che sono cresciuti insieme.
Certo ne è passata di acqua sotto i ponti, e adesso ascolto tutt'altro, ma gli Incubus a quanto pare hanno il loro seguito fedele se hanno potuto anche permettersi di sparire per poi riproporsi con le 'sperimentazioni...' dell'ultimo disco. E devo ammettere che sanno farsi sempre ascoltare.
Setlist:
1) Nice to know you
2) Megalomaniac
3) Adolescents
4) Pardon me
5) If not now, when?
6) A crow left of the murder
7) Are you in?
8) Privilege
9) In the Company of Wolves
10) Drive
11) Pistola
12) Anna Molly
13) Here in my room
14) Love Hurts
15) Circles
16) Switchblade
17) Wish you were here
18) A certain shade of green
19) Sick sad little world
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