Gli Indian Summer si sono sciolti da tempo, e questa discografia raccoglie i pezzi usciti, due o tre per volta, nell'arco di cinque anni. Sentirli organicamente, legati da una sequenza, tutti insieme, aiuta a comprendere la preziosità di ogni singola traccia.
Occorre prendere fiato e ascoltare attentamente. Niente sembra lasciato al caso, ma l'elaborazione dei pezzi è spontanea. Si avverte l'intenzionalità di ogni effetto, di ogni nota, ogni pausa ha il suo peso. Come un abile narratore, questo album bilancia il tono di voce e la gestualità perfetta per raccontarti la sua storia. Una storia che è polvere, ruggine, deserti.
Nello schema dei pezzi c'é una costante. La differenza dell'intro rispetto al resto della canzone, inizi lenti, scoppi caotici, ritorno alla calma, poi di nuovo. Anche se stravolto, questo schema ricorre, ma ogni volta è usato in maniera diversa. Nella chitarra timida d'entrata si sovrappongono giri di basso lentissimi, una batteria pressoché inesistente. La voce, che sembra la registrazione di una conversazione che sta avvenendo altrove, parla, ci arriva morbida ma inquietante. Poi, il ritmo sale, ma senza creare un crescendo. La spaccatura è netta, tutto s'infuria, la marea sale, tutti gli strumenti urlano e il cantante strilla come un ossesso, nella perfetta tradizione emo dei primi '90.
Non so cosa sia precisamente, a rendere questo album intimo, oscuro, soffocante. "Truman" ad esempio, il pezzo più veloce, dove alle urla si accompagna una vocina nasale e cantilenante, ci racconta un'incazzatura privata, sembra di sentire i deliri di un Io diviso. "Sugar Pill", la mia preferita, sembra un'invocazione disperata, nella voce, feroce e rugginosa nella chitarra.
Le atmosfere polverose che creano, li fanno assomigliare agli Slint, ma è un richiamo molto vago. Lo stesso vale per la somiglianza con certi gruppi screamo. Non sono etichettabili, e probabilmente molti li trovano banali. Io li paragono ai Fugazi, che non facevano certo elettroclash, ma hanno portato una rivoluzione nell'indierock grado 9.8 scala mercalli. E come tanti gruppi che seguono questi tre filoni, più che creare immagini, sono numeri periodici di sensazioni umane, polverose e un po' allucinate.
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