"Un linguaggio diverso è una diversa visione della vita" (Federico Fellini)

Il linguaddio diverso dei polacchi Indukti non è quello della vita ma quello della musica. Catalogarli in un genere ben preciso è impresa ardua, generalizzare accostandoli ad altri gruppi sarebbe quantomai riduttivo. Ancora una volta il responso è nel disco, è nella musica.

"Idmen" è già dalla copertina un'opera controversa. Una complicata galleria sonora da cui estrapolare attraverso delle minime fessure sprazzi di sound da cui ricavare la loro condotta artistica. Partiamo con il dire che i cinque polacchi, che avevano datto alla luce cinque anni addietro un altro menir della musica dal titolo "S.U.S.A.R", tornano sul mercato discografico con un' opera degna di grande attenzione, costantemente impregnata di soluzioni di mutevole estrapolazione musicale.

Nell'incipit troviamo tutto quello che gli Indukti ci vogliono trasmettere. Lo fanno con prepotenza e convinzione ma anche con un velato senso di pessimismo che si riflette nel tappeto sonoro vagamente onirico. "Sansara" è tutto questo:un involucro di immediatezza strumentale che si dipana per oltre otto minuti. Nella seconda traccia troviamo invece un ritmo e un'atmosfera che può far tornare alla mente i Tool di Aenima. "Tusan homichi tuvota" è un climax di suoni ed evoluzioni musicali che si destreggiano su un cantato che sa passare con disinvoltura dall'epico all'aggressivo. A condire tutto un testo grottesco ed ossessivo che si riflette nel ritornello dal ritmo tribale.

Subito tanta carne al fuoco, subito diverse considerazioni. Il modo di fare musica non è per gli Indukti uno stilema precostituito, bensì sensazioni in continua evoluzione. E così, dopo la placida calma dell'intermezzo "Sunken bell", la band torna a picchiare forte e a dipingere sonorità di difficile assimilazione in "And who's the God now?!".

Giunti a metà del disco si scatena la furia strumentale della band, che torna a far sentir il vocalist soltanto in "Nemesis voices". Le restanti "Indukted", "Aemaet" e "Ninth wave", sono gemme di soli strumenti che ci aprono di fronte un universo di musica da assaporare in ogni singola parte. Un linguaggio diverso, che non trova paralleli in altre realtà musicali, a meno di voler scendere in forzature del tutto fuoriluogo.

Il sax della conclusiva "Ninth wave" è quanto di più dolce si potesse ascoltare in contrapposizione alle potenti note della chitarra e alle fustigate delle pelli.

Un disco complesso ma eterogeneo che scade si nel virtuosismo, ma lo fa con una pienezza sonora e con una mescolanza di realtà che non ne penalizza lo sviluppo.

Dalla Polonia una proposta musicale di altissimo livello stilistico da tenere assolutamente d'occhio.

A voi.

1. "Sansara" (8:12)
2. "Tusan Homichi Tuvota" (9:03)
3. "Sunken Bell" (2:29)
4. "And Who's The God Now ?!" (10:25)
5. "Indukted" (6:51)
6. "Aemaet" (8:25)
7. "Nemesis Voices" (6:19)
8. "Ninth Wave" (11:32)


  • ProgRock
    5 giu 10
    Recensione: Opera:
    Splendido il loro esordio, questo come ben descritto dalla recensione scade in parte in certi virtuosismi e parti metallare un po' confuse con la struttura dei pezzi a mio parere, resta comunque una band interessante.
  • Ardalo
    7 giu 10
    Recensione: Opera:
    Quoto alla GRANDE Progrock. Per me una gran delusione, non mi aspettavo questa svolta molto metallara. Mi piacciono la prima, la seconda col cantante che a parte un intermezzo ruttante fa una buona prova e l'ultima in cui la parte iniziale è troppo bella. Comunque, secondo me, quella è una tromba e non un sax. Delle altre canzoni ricordo le altre due cantate, una con un cantante ruttuoso e l'altra con uno che scopiazza Maynard James Keenan che non mi erano piaciute per niente.
  • ProgRock
    21 giu 11
    Recensione: Opera:
    Pur avendo come detto una certa disomogeneità, almeno rispetto al precedente, un punto in più, a distanza di tempo lo merita questo disco, spiazza un po' questa loro svolta per chi come me si aspettava le atmosfere dell'esordio, riascoltandolo meglio acquista il suo valore, che la recensione puntualmente ha descritto, nell'essere "un'opera controversa".

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