Proprio quando sarebbe stato facile (diciamo abbastanza facile) optare per soluzioni non svendute, ma forse accomodanti, e inserirsi in un contesto sonoro dove non si viene riconosciuti per ciò che si è, ma per ciò (il genere) che si suona - il che è deprimente - gli Infection Code non cedono ad alcuna ipotetica tentazione e rendono ancora più articolata la propria visione musicale.

Non per nulla "Intimacy" è il lavoro (il terzo) più ambizioso rilasciato dalla formazione nostrana, oltre che quello dove meglio emerge la loro personalità. Le scelte sono state razionalizzate ed elaborate avendo ben presente che il percorso verso la complessità può essere affrontato solo ponendo innanzi a tutto il coraggio accompagnato da idee chiare. E così sono nate le otto canzoni, che vengono inserite in un contesto emotivo/atmosferico certamente disturbato, contorto, mutevole e mai omologato. Infatti, pur se comprendo che la promozione (e anche la critica) si debba appoggiare a riferimenti certi, per consentire a chi legge, o è interessato all'acquisto, di orientarsi, però nel caso specifico non reputo di dover citare alcun nome, perché da "Intimacy" emerge l'individualità della band.

Post metal e post hardcore sono punti di partenza solidi, ma vengono calati in scenari apocalittici e cibernetici, fatti di alienazioni strumentali e vocali, dilatazioni psichedeliche e soffocamenti industriali mutevoli. Non tutto è ancora perfetto, nonostante il supporto alla produzione di sua santità Billy Anderson (Kiss It Goodbye, Neurosis, Bongzilla, EyeHateGod, Logical Nonsense, Brutal Truth, Swans, Sourvein, Melvins, ecc.), perché a volte il sound pare un pò "impantanato", però dimostrano di essere ben avviati (diciamo 3,6/5).

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