Certa musica è un’esperienza, così lontana dalla monotonia di tutti i giorni e così vicina al disagio per questa vita, a tutti i perché che inutilmente affliggono la nostra esistenza.
Questa musica è rappresentata perfettamente dagli Infidel?/Castro!, duo di Philadelphia composto da George Korein e Colin Marston. Il titolo dell’album (doppio, per quasi 90 minuti) è molto significativo: “Bioentropic Damage Fractal” del 2005, uno dei più belli da dieci anni a questa parte. Già nei due album precedenti, "Case Studies in Bioentropy" e "The 49-Day Period Between Lives", il tema riguardava la bioentropia cioè la proprietà per cui le cose biologiche tendono a disintegrararsi, a disgregarsi inesorabilmente per lasciare spazio a qualcosa di nuovo.
A tal proposito diceva Hermann Hesse: "L'uomo quando nasce è tenero e debole quando muore è duro e rigido. Le piante quando nascono sono tenere e delicate quando muoiono sono aride e secche. Per questo il duro e il rigido sono compagni della morte mentre il tenero e il debole sono compagni della vita. Un'arma troppo dura si spezza un albero troppo rigido si schianta. Ciò che è duro e rigido inaridisce ciò che è tenero e debole fiorisce". Questa musica è quanto di più morbido possa esistere, con imprevisti e violenti cambi di direzione, un meticoloso collage di distruzione metal (molto poco), elettro-acustica e ambientale, come dicono loro stessi: “…una mescolanza di dissonanze, distorsioni e sludge(metal) che viene attaccato da tutti i lati da percussioni sia suonate che campionate, con parentesi ambientali che forniscono tenui spazi meditativi”. Quindi la loro musica è estremamente plastica e variabile, esprime la vita, o meglio il processo naturale di trasformazione che garantisce la vita. In definitiva queste composizioni sono come una visione prospettica della storia del pianeta riassunta in pochi minuti, in cui non esiste un piano o un programma, la Natura è indifferente e tutto dipende dal caso, l’andamento disordinato rappresenta quei grandi e imprevedibili avvenimenti casuali che fanno cambiare direzione agli eventi. Il tutto è visto in modo distaccato, come lo scettico che osserva l’avvicendarsi di vita e morte, dello sforzo per sopravvivere che inevitabilmente soccombe al nuovo, si disgrega per dare spazio a un nuovo ciclo.
Nonostante tutto ciò possa sembrare complicato l’ascolto non è difficile, anzi è coinvolgente e toccante, vicino a qualcosa di ancestrale dimenticato nei meandri del nostro cervello, cioè la paura di scomparire. Nonostante sappiamo come vanno le cose ci rifiutiamo sempre di accettarle e pensiamo (vogliamo) che tutto sia eterno. Forse è così difficile accettare la morte perché non si riesce a darle un senso e quindi neanche a dare un senso alla vita, o semplicemente perché è assurdo che la morte sia il senso della vita.
Le ultime tracce di entrambi i dischi sono lunghe composizioni quasi ambientali, agghiaccianti affreschi di paesaggi desolati dopo la catastrofe oppure colonna sonora durante l’apocalisse, commoventi e poetici racconti della disgregazione non solo della materia, ma soprattutto di anime, di sentimenti, di ricordi, di nostalgie, insomma di tutto ciò che ci distingue dalla semplice materia.“Che cosa resterà di me? Del transito terrestre? Di tutte le impressioni che ho avuto in questa vita?”
Probabilmente è impossibile trovare risposte, forse semplicemente non c’è un perché.
“…E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo... come lacrime nella pioggia... È tempo di morire.”
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