Si scrive Information Society, si legge vivacità, classe, dinamismo e ricerca stilistica, fin dalle origini. Gli inguaribili nostalgici degli anni '80 ricorderanno con piacere la loro prima ed unica hit "Something On Your Mind", e già allora era piuttosto evidente che, per Kurt Harland e soci, il synth pop non era altro che un punto di partenza per elaborare una nuova e più energica formula di contaminazione tra pop ed elettronica. Tuttavia, le ambizioni del collettivo di Minneapolis si scontrano con un'evidente sovrabbondanza di idee non supportata da una capacità selettiva e da una lucidità sufficiente per raggingere l'obbiettivo: i dischi successivi, "Hack" e "Peace & Love Inc.", si possono tranquillamente considerare dei mezzi flop, album senza capo nè coda in cui ottime intuizioni vengono soffocate da sperimentazioni non sempre felici ed una prolissità veramente eccessiva; come se non bastasse ci si metta anche l'esplosione del fenomeno grunge, forse la più esplosiva e perfettamente orchestrata operazione di marketing della storia musicale, che soffoca sul nascere qualsiasi possibilità di adeguata promozione, relegando così gli Information Society all'immeritato rango di meteora 80's. Passa qualche anno e Kurt Harland, riciclatosi nel frattempo come programmataore di videogames, rispolvera il nome della vecchia band per un maestoso ed affascinante album industrial/gothic/futurepop che risponde al nome di "Don't Be Afraid", di cui ho già trattato in passato, quindi il nome Information Society ritorna in letargo per un decennio esatto, fino a questo "Synthesizer" datato 2007. Forse, se all'esordio del 1988 fosse seguito un album come questo, le cose sarebbero andate molto diversamente per gli InSoc.
Facile parlare con il senno di poi, ma "Synthesizer" sarebbe stato l'album perfetto, forze per cementare il proprio successo commerciale e sicuramente per rafforzare l'immagine di un gruppo creativo ed innovativo. Si, perchè a differenza di "Don't Be Afraid" che, nome in copertina a parte, ha ben poco a che vedere con le esperienze precedenti, questo disco si propone come un'evoluzione matura e ragionata di quanto i primi Information Society cercarono di proporre, complice anche la reunion con altri due membri originali, Paul Robb e James Cassidy. Lontano anni luce dall'infima banalità del revival, "Synthesizer" è il degno successore della tradizione di una band che già ai tempi era un passo avanti; un synth pop liberato da orpelli inutili e trascinato a forza nel nuovo millennio con arrangiamenti elettronici molto originali e creativi, abbastanza da disorientare gli ascoltatori radiofonici più abitudinari, senza rinunciare a niente in termini di orecchiabilità. Il sound 100% synth, una notevole carica danzereccia ed ottimi livelli di ispirazione si traducono nella trasposizione definitiva di quella "pure energy" che è sempre stata la mission degli InSoc: un filotto di ritornelli catchy e ritmi robotici, freschi ed originali quanto basta per destare l'attenzione.
"Back In The Day" e "Run Away" sarebbero stati due ottimi singoli negli '80, ma anche adesso tengono botta con gran classe, risultando piacevolmente vintage ma non vecchi, per non parlare di "Can't Get Enough", che di fatto è "I Was Born To Lovin' You" dei Kiss sotto mentite spoglie, un restyling furbo, sottile e ben concepito, ad immagine e somiglianza dell'album. La matrice synth pop è un ottimo punto di partenza, influenze techno, electro-funk e light-industrial completano l'opera, dando vita ad un discorso musicale variegato ma coerente, ricco di episodi brillanti come l'imprevedibile "Baby Just Wants", che sperimenta cambi di tempo e di mood superando parzialmente la classica forma pop-song, il carisma sexy di "This Way Tonight", la perfezione synth di una retrospettiva "Burning Bridges", il fascino un po' pazzerello dei ritmi incalzanti di "Somnambulistic", electropop conturbante e di gran classe e, ciliegina sulla torta, la filastrocca stralunata, robotica e nonsense di "I Love It When...", ottima performance alternative-dance da cui gli ottimi Starfucker hanno tratto sicura ispirazione.
Nel complesso una prova veramente maiuscola, che suona molto più fluida e naturale rispetto agli Information Society di fine anni '80 e inizio '90, anche perchè queste sonorità più strettamente elettroniche si adattano meglio alla vocalità sicuramente non eccezionale di Kurt Harland, che risulta assolutamente integrata nel contesto ed adatta allo scopo e non un limite come agli esordi. E così, mentre qualche parvenu si sforza di replicare bovinamente i "fasti" di un new romantic for dummies fuori tempo massimo e senza una minima personalità e buon gusto, gli InSoc rispuntano dal nulla e, nel più totale underground ed invisibilità mediatica, finiscono con nonchalance quello che avevano cominciato, dimostrando così la differenza incolmabile tra ciò che è originale e ciò che è tarocco; "Synthesizer" è furbo, è divertente, è un album concepito a regola d'arte che riesce a sorprendere e non annoiare mai, è un gioiellino pop che non ha pretese astruse se non quella, imprescindibile, di essere un prodotto personale e di qualità.
Carico i commenti... con calma