Un film che può essere visto solo di notte, a luci spente, in silenzio. L'ora del lupo è quel periodo, fatto di interminabili minuti, in cui le tenebre raggiungono il loro stato più consistente, poco prima dell'alba, quel lasso di tempo in cui si concentrano i fantasmi e gli incubi diventano più profondi, è "l'ora in cui molte persone muoiono, e molti bambini nascono".

Johan Borg (Max Von Sydow) è un artista misantropo che gode di un discreto successo grazie ai suoi dipinti; decide di trasferirsi su di un'isola disabitata assieme alla moglie Alma (Liv Ullmann) così da trovare in quella vita da eremita l'ispirazione necessaria per riuscire meglio nel proprio lavoro. Inizialmente la vita dei due coniugi pare trascorrere serenamente, ma Johan Borg da sempre convive con i mostri che popolano la sua mente, fantasmi del passato, fantasmi di un amore perduto e lontano, forse immaginato, fantasmi di vecchi traumi e perversioni rinnegate, stupri della propria anima, e questi mostri ben presto cominceranno ad uscire allo scoperto facendolo diventare sempre più freddo nei confronti della consorte e minando la serenità del loro matrimonio. Johan è spaventato dal buio, trascorre insonne le infinite ore notturne e costringe Alma a fare altrettanto, le fiamme esili di continui fiammiferi accesi illuminano la sua espressione terrorizzata e i pochi dialoghi rompono un silenzio che avvolge ogni cosa; su un quaderno disegna le deliranti figure che lo tormentano dando loro dei nomi ed è solito tenere un diario in cui annota giorno per giorno i propri pensieri su di una realtà distorta, una realtà in cui non è in grado di distinguere ciò che esiste davvero e ciò che compare solo nell'ombra della sua mente (straordinario Bergman nel non mostrare mai i ritratti). Nel corso della narrazione queste figure prenderanno forma e corpo, le sfaccettature della sua anima si divideranno in molteplici personaggi impersonificando le sue paure, il suo inconscio, i suoi vizi e i suoi turbamenti. Alma di contro è una figura candida, unica e non frantumata in decine di personalità, segue suo marito e lo accudisce, scende assieme a lui nei meandri della mente fino a vedere anche lei quei mostri, ma il tutto con il desiderio di stargli accanto e di aiutarlo ad uscire, i suoi occhi stanchi e tristi sorvegliano di continuo quella depressione che logora l'anima di Johan ma alla fine si chiede se una donna che ha vissuto tanto a lungo con un uomo finirà per essere come lui e a vedere le cose nello stesso modo. E questo, forse, farà sprofondare nell'abisso anche lei, i mostri di Johan diventano anche i suoi.

Tratto da un copione teatrale scritto anni prima dalo stesso Bergman (dal titolo "Gli antropofagi"), "L'ora del lupo" è uno dei film più tetri e surreali del regista svedese, un film in cui domina il silenzio e in cui i dialoghi (o meglio, i monologhi) sono ridotti al minimo per dilatare ulteriormente gli spazi e rendere terribilmente inquieta l'atmosfera; quella che si vede è la realtà deformata, un'allucinazione che finisce per scivolare nel grottesco, un orrore onirico in cui si mescolano paura e vergogna, il tutto posato sopra al tema centrale dell'incomunicabilità sia della coppia che dell'artista, il quale non si riconosce nel mondo che lo circonda.

Ingmar Bergman riempie quest'opera con elementi autobiografici, creando in Johan Borg un proprio alter ego e scegliendo come location quella dell'isola deserta, ispirata dall'isola di Fårö dove era solito ritirarsi per fuggire dal mondo. La fine fotografia in bianco e nero di Sven Nykvist accentua i toni spettrali del film e ingloba lo spettatore in una scatola chiusa dalla quale non si riesce ad uscire fino ai titoli di coda, mentre Liv Ullmann vincerà il premio National Board of Review Award come migliore attrice.

E David Lynch deve tanto a questa pellicola.

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