Nichilista, pessimista, aggressivo: cosi si può definire "La giostra dell'odio", prima fatica dei cagliaritani Inkarakùa, uscita nel 2002 sotto etichetta W*uck Records.
Prima di parlare del cd, forse è meglio presentare la band, dato che è quasi sconosciuta: Cristian alla voce, Vincenzo e Mauro alle chitarre, Guido al basso, Paolo alla batteria. Il disco si presenta piatto e omogeneo nelle sue dieci tracce, tendenti all'hardcore, con qualche influenza grunge e alcuni effetti elettronici, mentre i testi parlano di un'umanità in preda ad un decadimento evidente, che ha creato una società corrotta. Fa forse eccezione la numero 5, "Fjuver (Explicit Sex Song)", come è evidente dal titolo: tale pezzo, forse il più morbido musicalmente, descrive una perversione sessuale quasi ossessiva, che porta a una perdita di controllo inesorabile.
A ritroso tra le tracce, dopo l'apertura "Futuro=Regresso", che già mette a dura prova il miglior udito, subito si fa notare la numero 2, "In nome di chi", una canzone contro la religione cattolica, con un sound distruttivo e assordante, così come la traccia seguente, "#31". Ma subito dopo si incontra "Altalene deserte", la sintesi tematica dell'album, che a un certo punto dice in cagliaritano stretto:
"disi de tortura no spaccianta mai, ant' a torrai" (i giorni di tortura non finiscono mai, torneranno);
è il pezzo più duro dell'album, ossessivo agli estremi: eccezionale l'accoppiamento tra suono e testo. Bellissima, così come il suo video, le cui riprese sono state realizzate nell'impianto minerario di Monteponi (CA), con alcune scene di un live al Fabrik (locale cagliaritano). Dopo "Fjuver", di cui ho già parlato, troviamo "Fobie", che chiude la pausa tematica della precedente, senza delicatezza alcuna. Particolare anche la numero 7 "Madre Terra", che sfodera una grinta insospettabile dopo un intro così spento, e tuttavia efficace per spezzare dalla rabbia delle precedenti, che poi riprende ad esistere nella numero 8, Orda, ed esplode con forza nelle ultime due, "Fango" e "Giorno per Giorno".
In conclusione posso solo consigliare quest'opera quasi perfetta a chiunque: originale rispetto a qualunque altro gruppo italiano.
Provare per credere!
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