Eccoci qua, varco la soglia del parcheggio del Velvet con il mio gruppo di amici musicomani e mi pare di essere a Woodstock, un'immensa distesa di macchine tappezza l'ampio parcheggio... sorpreso da tale visione entro nella discoteca e il colpo d'occhio non smentisce le attese.
Mentre il gruppo spalla i Block Party (non male i ragazzi plurietnici che martellano e non risparmiano i loro strumenti e hanno l'energia e l'adrenalina che caratterizza i gruppi che devono ancora sfondare) hanno già iniziato la loro performance ne approfitto per farmi una bionda (birra ovviamente, mai sesso prima di scendere in campo...) e trovare un posto decente.
Ecco ci siamo scendono le luci e come a un funerale d'ordinanza appaiono gli Interpol, il quartetto vestito rigorosamente di nero con tanto di cravatta e cappello alla Jonatan del Gf per Paul.
Si parte con un "Next Exit" e subito il pubblico si stringe attorno ai quattro ragazzi newyorkesi che in un'ora e mezza circa di sessione hanno eseguito praticamente tutto il loro repertorio con un'alternanza puntuale di brani tra l'album in promozione (Antics) e quello d'esordio, infatti dopo aver rotto il ghiaccio e con un grazie che si ripeterà alla fine di ogni pezzo in risposta agli applausi del pubblico, Paul attacca con "Say Hello To The Angels" e l'alchimia proseguirà sino alla fine...

Trascurando la maniacale tracklist preferirei citarvi la prestazione quasi da sala d'inicisione del gruppo, dalla voce impostata, distante e malinconica di Paul al battito veloce e incessante della sezione ritmica, dove il lavoro ad hoc delle chitarre con i loro elementari riff vanno a fondersi con la voce in un tutt'uno come in "PDA", senza dimeticare il basso di Dengler presente e incalzante per tutta la performance e la batteria impeccabile di Fogarino.
Bellissima la schizofrenica "Obstacle1" con la voce Morrysiana (DOORS) di Banks, fuori dall'atmosfera cupa del gruppo la nuovissima "Slow Hands" e magic moment con la ballad "C'Mere".

Il concerto è finito, mi rimane un'ottima impressione anche perché mi aspettavo una prestazione del genere, precisa, puntuale mai sopra le righe dove tutto scorre dall'inizio alla fine come in un copione teatrale, eccetto per una distorsione finale quasi ad evidenziare l'eccezione che conferma la regola.
I ragazzi hanno ribadito tutte le loro potenzialità e anche se è facile accostarli a gruppi come Joy Division, Cure e chi volete voi a mio modesto parere paiono avere un grande pragmatismo e un'innata capacità di creare riff sempre in grado di dare il giusto colore ad ogni brano.
Una nota di demerito per l'impianto di luci che sarà stato maledetto da tutti i possessori di telecamere, telefonini che a tratti impediva pure all'occhio nudo di vedere ora il batterista (c'era?) ora il bassista e via dicendo.
Dovendo ridurre tutto a un voto darei un bel quattro.
See you soon on stage.

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