Il 1973 è forse l’anno più importante della loro vicenda artistica. In Cile, l’avvento della dittatura di Pinochet conclude drammaticamente la stagione democratica e costringe il gruppo all’esilio in Italia. Qui uscirà il primo album di respiro internazionale: Viva Chile. Oltre a Fiesta de San Benito, traccia d’apertura affascinante, l’album presenta un alternarsi di canti rivoluzionari e pezzi strumentali. Questa disposizione dei brani conferisce al disco una varietà e una leggerezza tali da renderlo praticamente perfetto, privo di punti deboli.
Tra i canti rivoluzionari spiccano Canción Del Poder Popular, dall’incedere solenne ed incisivo, e La Segunda Indipendencia, costruita su chitarre folk in tempo di valzer. A Venceremos, intrisa di retorica socialista, fa da contrappunto Rin Del Angelito, dolce epitaffio che si conclude con un bellissimo accelerando.
Un discorso a parte meritano i pezzi strumentali, brevi ma molto espressivi. Le melodie sono ripetute ed incastrate con poche essenziali variazioni, mentre gli strumenti sono quelli della tradizione andina: flauti e chitarre sostenuti dal battito profondo del bombo.
Questa non è politica, è arte. Un’ arte sincera, capace di emozionarci e avvicinarci a un popolo, alla sua cultura e alle sue sofferenze. Perché stavolta no se trata de cambiar un presidente: si tratta di fare musica, rievocare il passato ed esprimere la propria speranza in un futuro migliore.
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