Parlare degli INXS è parlare dell'ennesima stellina pop che come da copione ha brillato negli anni ottanta grazie ad un album perfetto per sfondare le classifiche di mezzo mondo ("Kick", ma anche "Listen Like Thieves" non è da dimenticare), per poi vivere di rendita e venendo presto dimenticata dal pubblico. Di certo l'uscita di questo album in piena isteria grunge non ha aiutato le vendite, che furono sicuramente inferiori alle possibilità di un lavoro con molti pregi e pochi punti deboli (non convincono più di tanto le sole "Wishing Well" e "Back On Line").
La prematura scomparsa nel 1997 del cantante Michael Hutchence ha indubbiamente scolpito la parola fine sulla lapide del gruppo, ma questo lavoro resta una delle migliori opere da loro partorite. Pur restando aggrappati ai lidi di un pop rock da classifica a forti tinte dance e pieno di effetti sintetici ad imbellettare le melodie, è comunque evidente la voglia dei sei ragazzi di sorprendere l'ascoltatore, magari divertendosi anche, sperimentando soluzioni sonore diverse dalla formula vincente del passato.
In questo senso le cornamuse orientaleggianti di "Questions" ci stupiscono in apertura, assieme a domande esistenziali poste come a dire "ehi, oltre ai ritmi da ballare e al pop pensiamo anche". L'atmosfera sexy condita da ritmi funky e da una voce che ti accompagna tra le stanze del piacere di "Taste It" ci rivelano poi il talento di questi australiani, che si ripete nel pop tribale di "Strange Desire" esaltato da una voce femminile che si intreccia con quella maschile nel ritornello e viene presa sotto braccio da un sax malinconico che nel finale va a svanire lentamente come un miraggio nel deserto.
Avrebbero voluto essere gli U2, e "Heaven Sent" è qui a dimostrarlo chiaramente. Chitarre prese in prestito da The Edge, voce filtrata come se provenisse dalla stanza accanto, ritornello istantaneo ed il primo singolo è servito. Ricetta che si ripete con "All Around" ma soprattutto con "Baby Don't Cry", apoteosi della ripetitività vocale e della istigazione alla dipendenza musicale da un brano, dove il titolo è ripetuto quasi un centinaio di volte. Anche questo comunque è un tassello del mosaico di un disco che celebra il pop con onore e rischia fino all'ultimo chiudendo con un brano toccante e difficile come "Men And Women": ottanta elementi dell'orchestra sinfonica di Sydney che accompagnano il lamento stentoreo del cantante. Rimani fermo, occhi aperti, senza parole da aggiungere.
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